giovedì 20 dicembre 2012

Diagolik

Siamo sotto Natale e mi sembra doveroso spendermi in favore del bene comune. Oggi si fa servizio pubblico.
La domanda a cui voglio rispondere è: come fare a mangiare di nascosto agli occhi di vostra madre, vostra moglie o i vostri figli se siete dichiaratamente a dieta?
In sostanza: come evitare che anche i vostri parenti scoprano finalmente il mistero del perchè il regime ipocalorico su di voi non ha nessun effetto.

Anche se oggi come oggi ho fatto voto di castità alimentare, ragion per cui non sarei titolato a parlarne, per anni ho dovuto barcamenarmi con i sotterfugi più disparati raggiungendo un notevole capacità di mimetismo sgarrone. Poi chissenefrega, anche i preti parlano sempre di rapporti sessuali, perchè io non dovrei parlare della mia vecchia vita?
Lo so che facendolo svelo tutti i miei trucchi... ma è per questo che lo faccio: sono determinato a non sgarrare, per cui consegno le armi ed il distintivo e cambio vita.

Parliamoci chiaro: non stiamo parlando della pasta alla carbonara che vi scafate a botte di mezzo chilo alla volta quando siete a casa da soli, così sono buoni tutti.
La vera sgarrata che dà soddisfazione è quella che coglie l'attimo che fugge: mentre nessuno vi guarda, mentre vostra moglie va un secondo in bagno, mentre è girata a correggere i compiti dei figli, mentre esce a portare la spazzatura.

Innanzi tutto è bene che sappiate che non tutti gli alimenti sono adatti alla sgarrata, imparare a discriminarli potrebbe salvarvi la vita.
Sono poi necessari velocità di esecuzione, tempismo e precisione che dovete obbligatoriamente sviluppare nel tempo.
L'improvvisazione non paga mai ma una certa dose di creatività vi farà senz'altro comodo.

Partiamo dagli esercizi più semplici: siete a casa da soli per una mezz'ora e avete una fame maledetta.
Il mio consiglio è di non aprire mai nulla di confezionato. Lascereste delle prove inconfutabili del vostro momento di debolezza. Se c'è un sacchetto di biscotti aperto, non mangiateli mai tutti. Il peso totale della confezione deve sembrare lo stesso. Se non è trasparente potete cercare di dargli una forma che faccia intendere che è quasi pieno.
Se vi va un panino e prendete il pane da toast non utilizzate mai la prima o ultima fetta del sacchetto (quelle che hanno un dorso diverso). Nei vasetti di cioccolata cercate sempre di lavorare in larghezza e mai in profondità e, soprattutto, evitate di intaccare le parti vicino al vetro del vasetto: con il tappo sembrerà ancora pieno.

Dai miei avevamo raggiunto livelli celestiali. Mio padre riusciva a limare un dolce (di quelli tipo girella, per capirci) sera dopo sera. Poi si premurava di riporlo sempre nella stessa posizione con la parte ancora integra verso l'esterno e la confezione che pareva intatta. Riponendolo nel ripiano in alto, la prospettiva faceva il resto del lavoro (per questo fare la spesa in prima persona ha i suoi vantaggi, pianifichi già la settimana di sgarrate).

Non era raro che la domenica mia madre, credendo di poter offrire agli ospiti quel dolce, si accorgesse last minute che in realtà era rimasto solo l'incarto ed un ultima sottilissima fetta (praticamente una girella bidimensionale).
Naturalmente è superfluo sottolineare che non bisogna mai, mai ,mai, buttare via l'incarto di nulla. Lasciate un biscotto nel sacchetto e riponetelo al suo posto.
E ricordate che alla domanda fatidica: “Chi ha finito il dolce?” la colpa va sempre data (perchè è oggettivamente sua) a chi ha mangiato l'ultimo pezzetto.

Ma il mio masterpiece è la caccia di frodo al formaggio grana. Non si tagli mai la punta, lo si lavora ai fianchi, asportando delle sottilette semitrasparenti.
Sono in grado di fare di quegli alesaggi ad un pezzo di parmigiano più precisi di un tornio a controllo numerico.
E proprio ora che avevo anche qualcun altro in casa a cui poter iniziare a dare la colpa ho deciso per la castità alimentare.

Quanto talento sprecato.

lunedì 17 dicembre 2012

Se sei un angelo, batti le ali

Ci sono cose che ti fanno pensare di essere stato fortunato, nella vita.
Io ad esempio sono contento di avere avuto i figli tutti estremamente vicini (che tre più vicini di così, è dura a farceli stare).
La consapevolezza mi è venuta qualche settimana fa quando, ad una serata qui al lavoro, un collega lui pure con tre figli, solo un po' più "spaziati", mi ha confessato: "Sono al decimo anno consecutivo di recita dell'asilo, carro della stella, bancharella con i lavoretti".
Cazzo, dieci anni!
Senza condizionale.
Ci sono sentenze per omicidio con pene più leggere.
Ho fatto subito un paio di conti: alla fine me la caverò con 5 anni in totale.
In fondo non è male.
Ieri è andato in scena lo spettacolo natalizio dell'asilo dove vanno i miei. Essendoci il nido integrato per qualche istante sono stati in scena simultaneamente tutti e tre, con un certo imbarazzo a decidere quale dei tre guardare/seguire/fotografare, visto che l'happening si svolgeva in un palazzetto dello sport per mancanza di strutture più adeguate.
Per certi aspetti devo dire che sono ammirevoli sia i bimbi che le maestre: riuscire a fare quattro movimenti giusti in uno spazio enorme senza, oltretutto, aver mai potuto provare, è veramente degno di nota.
Soprattutto se penso che per anni ho "animato", assieme ad alcuni amici, un gruppo di teatro con degli adolescenti qualcuno dei quali, dopo decine di prove, ancora sbagliava i tempi di entrata ed uscita.
Aveva ragione il signor Miyagi: cattivo allievo dipende da cattivo maestro. (dai la cera togli la cera)
Poi ho il sospetto che il mio post dello scorso anno (dove dicevo che il segreto del successo delle recite era mettere di schiena verso il pubblico tutte le maestre con un bel culo) sia stato letto: quest'anno tutte belle dritte e faccia ai genitori. Con buona pace dei papà allupati.
Invece, in un anno, ho raggiunto una consapevolezza: il DVD della recita sarà rivisto fino alla nausea dalla Triplice Alleanza. Almeno fino a giugno, quando subentrerà quello della recita di fine anno.
Vedi come cambiano le cose? Prima a fare lo snob con le recite dell'asilo, ora ad augurarsi che ce ne siano per poter cambiare, una volta ogni tanto, il DVD nel lettore.

venerdì 14 dicembre 2012

Mi sono tolto un peso

Parecchie persone, passando di qua, non si sono risparmiati le frecciatine al mio indirizzo per il fatto di aver tolto il contatore del peso...
Le ho prese sportivamente (da sconfitto, peraltro), non preoccupatevi.
Mi sono anche sentito una merda.
Però ad un certo punto era una pena e non la valeva.

Poi è successo che un paio di settimane fa, un venerdì sera, Silver mi dice che l'indomani si sarebbe alzata presto per andare a fare gli esami del sangue.
"Come mai?" ho chiesto io, conoscendola.
Silver infatti non è una persona ansiosa e tantomeno allarmista.
Tendenzialmente trascura anche la propria salute per star dietro agli altri.
Ah! Smorzate nelle vostre laringi la domanda scema che vi starà venendo: non si trattava neppure di sospetta gravidanza (anche perchè, in alternativa, avrebbe fatto un test)
"Mah! Non è niente, solo per essere sicura".
Mi sono preoccupato, vi diro! Nella sua famiglia non sono stati rari i casi di tumori, anche in persone abbastanza giovani (non come lei, però...).
La conferma che tutto va bene è arrivata il lunedì e nel frattempo era riuscita a trovare le argomentazioni per convincermi che fosse solo uno scrupolo.
Però io, quel sabato mattina, a letto con tutti e tre i bimbi, mi sono fatto prendere da pensieri neri, a immaginarmi cosa sarebbe della mia vita, se ad un certo punto mi trovassi da solo, a seguito di una grave malattia di mia moglie.
Vi giuro che mi è scappato di pregare. Mi son sentito anche una schifezza che pregare solo in caso di bisogno non dovrebbe valere neanche, oppure dovrebbero metterci l'IVA al 50%, che bisogna aggiungerci 2 decine al rosario.

Poi mi sono tornati in mente, al netto degli improperi, tutte le parole che usa Silver per ammonirmi quando esagero col mangiare: epatopatite, diabete, infarto, cardiopatia.
(Vi ricordate quando dicevo che per lei fosse dura a trovarsi a fare la madre con un marito psicologo? Beh! È più o meno come essero obeso con una moglie diabetologa).
Comunque ho detto basta. Lo devo a lei, che la paura che ho avuto io magari lei se la sente addosso giorno dopo giorno.
Lo devo ai piccoli che trovarsi orfani non è una gran soddisfazione.
Lo devo a me, che, Maya permettendo, c'ho ancora qualche faccenda da sbrigare.
Non sono più a dieta: ho fatto voto di castità alimentare.
Non mangio ASSOLUTAMENTE NIENTE fuori orario: niente caramella, che tanto è una, niente cioocolatini, niente patatine, niente pezzo di panettone, niente torta di compleanno del collega, niente biscotto sofgliatino, niente. Sono tutte cose che girano al lavoro, nelle riunioni. Io faccio riunioni (e mangio) praticamente otto ore al giorno.
Basta!
Da 15 giorni va così e finora non ho praticamente mai sgarrato.
Certo, a volte mi sembra di essere Alex il Leone, in Madagascar, quando gli sembra di vedere bistecche ovunque. Ma tengo a bada la mia bulimia recitando il mio mantra: "Non hia fame, panzone, sei solo nervoso".
Finchè dura...

giovedì 13 dicembre 2012

A spasso con la Multipla

(Pubblicità)
Per chi fosse in zona, per chi non è spaventato dai chilometri, per chi non ha paura di commuoversi:




Domenica 16 Dicembre
ore 21.00
Teatro Remondini
via SS. Trinità
Bassano del Grappa

Per sapere di cosa si parla guardate qui

martedì 11 dicembre 2012

Che tormento!

Nei periodi meno ispirati do il meglio di me.
Perchè sono un pigro fondamentalmente e, se non ho nulla da fare, tutto quello che faccio, è in più rispetto ai programmi.
Diciamo che non siamo in una situazione molto semplice: Silver gira in stampelle e fa quel che può. Beh, è più di quanto mi aspettassi, per cui va benissimo.
I bimbi all'inizio si erano un po' preoccupati ma adesso non se la vivono male. Bisogna stare attenti che non saltino sopra al piede malandato della mamma, ma per il resto va bene.
Scrivo pochetto, è passata quasi una settimana dall'ultimo post. In pausa pranzo vado a casa, in volata, per fare un po' di compagnia all'inferma e così non ho la possibilità di scrivere.
Ieri sera, complice un lavoro che dovevo finire ho acceso il computer è c'ho infilato questo post...

La settimana scorsa riflettevo sui tormentoni.
Che bei pensieri, direte voi!
Mi ci ha fatto pensare il Pee che ogni mattina, puntualissimo, quando porto tutta la progenie al nido mette in scena la seguente piece: “Il mio primo tormentone” atto unico. 
 
El Gae scende dall'auto, apre la portiera posteriore lato guida facendo scendere Marichan, ormai abbastanza autonoma.
El Gae si infila dentro all'auto per sganciare Jack, soffoca due madonne indirizzate alla sua mole che non ne vuol sapere di calare, sfila il panzerotto dal seggiolino e lo ripone sul selciato (in realtà è asfalto, ma quanto più poetico è il selciato?).
El Gae fa il giro della vettura, apre la portiera posteriore destra (quello dietro al “posto dea suocera”) e...
Pee, che non ha mai perso di vista il padre, sbirciandolo di sottecchi, reclina velocemente la testa e finge di dormire.
El Gae: “dormi, cucciolo?”
Apre gli occhi blu e giù risate.
Capite? È il suo primo tormentone. A poco più di due anni è già al livello di Colorado, Striscia la Notizia, gran parte di Zelig.
O forse sono Colorado, Striscia e Zelig che sono al livello di Pee?
E mi chiedo, ogni volta che cerco di guardarli, che mi illudo di poter liberare il magone con una risata, perchè? Perchè? Perchè?
E niente, mi viene il nervoso e cambio canale.

Forse dipenderà dalla mia storia personale con i tormentoni.
I primi che io ricordi erano quelli del Drive In. A casa non si guardava il Drive In: “Non se varda serte putanade!”, “Quante cassade”, “Mi digo che i dovarìa vergognarse”
Questo per riprendere le migliori rime di mia madre all'epoca.
Il problema era che a scuola tutti continuavano: “Pippopippopippopippopippo”, “Sa che lei è proprio un bel...volpino!” “Ehi, sono io sono il paninaro”. Ogni piè sospinto, in continuazione.
La storia si è ripetuta più o meno uguale anche dopo, con la Gialappa's Band, con i primi Zelig: non erano più i genitori a proibire ma la vita incasinata del ragazzo impegnato. Non li guardavo e non li conoscevo. Eppure i vari “E aluuura?”, “Bastardiiii!!!”, “Potevo rimanere offefo” mi risultavano familiari, si sentivano ovunque: in treno, in aula, al bar, in piscina, nello spogliatoio del calcio...
Così, la mia psiche, verosimilmente già labile, invece di sviluppare un astio nei confronti dei genitori che probivano, ha maturato un pesante senso di repulsione per i tormentoni.
Mi fanno incazzare.
Ma incazzare proprio. (a proposito: vi ricordate “Non esiste proprio”?)
E niente, poi ti scappa di usarli anche tu, perchè se vivi in Inghilterra ti vien da imparar l'inglese e non vi dico quante frasi stereotipate che usano i ragazzi dove lavoro non siano diventate di uso comune quando ci parliamo tra colleghi. Ma quello è un codice, un linguaggio complice.
Il tormentone è il minimo sforzo con il massimo risultato. Lo sforzo ce lo mette chi lo crea. Il risultato le pecorelle che si fanno addomesticare.
E non sono l'unico a pensarla così. Ne parlavo anche ieri con Tatiana...
Chi è TATIANAAA???”

mercoledì 5 dicembre 2012

Caro Babbo Natale

Sempre così deve iniziare la lettera a Babbo Natale.
Io personalmente non l'ho mai scritta. Dirò la verità: non credo di aver mai creduto veramente a Babbo Natale. D'altro canto, quando ero piccolo (arridaje che parte con la lagna de “ai miei tempi”) non esiteva Babbo Natale. Fisicamente, dico, lo si vedeva in tv, non capitava mai di incrociarlo per strada, alla Standa o al vivaio. Forse non c'era nemmeno il vivaio concepito come oggi, con il mercatino di Natale e tutto il resto.
Nemmeno i mercatini di Natale c'erano. Forse in Alto Adige. Ma noi non ci s'andava mai.
Anche le luci, ricordo, hanno iniziato a metterle in paese che già ero grandicello. Una cosa tristissima ad ogni modo: il negozio pagava il comune per la sua decorazione che veniva appesa sopra la strada davanti alla vetrina. Solo che c'erano tipo tre negozi, l'uno a 150 metri dall'altro. Immaginatevi voi che Ville Lumiere.
Adesso invece, ammesso che un bimbo ci creda davvero, Babbo Natale probabilmente può passare per l'unica entità al mondo con un comprovato dono dell'ubiquità. È ovunque.
E nell'epoca del risparmio energetico ci sono delle luminarie che potrebbero fare notare da Marte anche il paese più sperduto e sfigato della val di qua*.
Anche i mercatini, con tanto di capanna in stile tirolese, si possono trovare, credo, perfino di fianco al chiosco di piadine di Cesenatico.
A casa nostra il Natale si fa sentire, eccome.
Per la prima volta in vita mia abbiamo fatto il presepe in novembre. Due sabati fa. Pioveva e vaffanculo.
In compenso ha continuato a piovere per tutta la settimana successiva; grazie tante, gli altri anni si e no che si riuscisse ad allestire qualcosa per la vigilia.
I bimbi erano entusiasti e l'hanno personalizzato a modo loro: sembra che qualcuno abbia fatto un attentato con il gas nervino a Betlemme.
L'albero, invece, è inspiegabilmente salvo.
Poi c'è il Santa Claus che ha preso il posto del lupo nelle minacce dei nonni: “Guarda che se non mangi Babbo Natale non ti porta la chitarra”. “ll Bouzouki, allora!” ha risposto Jack dal suo imperturbabile sorriso cicciottello.
Quest'anno abbiamo anche il Carro di Babbo Natale dei genitori dell'Asilo che gira per il paese nottetempo (verso le 7 di sera) a cantare la Stella e raccoglie offerte pro. 
“El Caro dea Stea” come si dice qui.
L'abbiamo sempre scampata gli anni scorsi. Avevamo la scusa dei bimbi troppo piccoli, della distanza, del gomito che a contatto col piede. 
Quest'anno però bisogna. 
A turno i papà fanno i Babbo Natale (potranno credere a Babbo Natale i bimbi se a turno lo vedono fare da tutti i papà? Mah?). 
El Caro è un misto di sacro e profano con i Babbi rossovestiti e le maxi statue di Gesù, Maria ed un inedito Giuseppe fresco fresco di una seduta di peeling, imberbe e figaccione.
Ieri sera abbiamo fatto la prima uscita. Verso la fine del giro, i bimbi sul carro, Silver si è scapicollata contro il marciapiede.
Trauma contusivo del piede destro con microfrattura particellare dello scafoide tarsale. 12 giorni di prognosi e bendaggio rigido all'ossido di zinco.
Ci è costato... Caro il mio Babbo Natale

* espressione relativista per indicare la nostra valle in contrapposizione a quella che sta “di là”

Questo post partecipa al blogstorming di Genitori Crescono

lunedì 3 dicembre 2012

Che Figata Social Club

Di solito non faccio mai post di cronaca.
Ma fino ad un anno e mezzo fa non scrivevo neppure su di un blog, per cui perchè porsi dei limiti.
Poi in realtà oggi non volevo fare proprio cronaca. È quasi più un punto di vista, la condivisione delle emozioni.
Parlo di una manifestazione organizzata dalle cooperative sociali di Vicenza, la prima, in tanti anni di attività, per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione sempre più precaria in cui si trova a muoversi chi cerca di pensare al futuro delle persone in situazione di svantaggio: disabilità, tossicodipendenza, minori che arrivano da famiglie problematiche, chi esce dal carcere.
Premetto che non sono affatto neutrale in questo tema.
Da questo tipo di lavoro arriva il mio stipendio. Ed una parte di me ed una parte di tutta la mia famiglia è scesa in piazza proprio per salvaguardare anche questa prosaica forma di sostentamento che si chiama busta paga. Credo che sarebbe stupido, oltre che poco credibile, non ammetterlo.
Eppure c'era molto altro, molto.
Ed in piazza si vedeva.
Si vedeva nella commovente sfilata di 130 pulmini e camioncini delle cooperative che hanno cinto l'intera città tutti addobbati da questi cartelloni qui sotto.





Si vedeva nelle facce del gruppo musicale Ambaradan, formato anche da musicisti con disabilità che ha letteralmente scaldato l'atmosfera con le canzoni popolari, elaborazioni di De Andrè, Fossati, Modena City Ramblers.
Si vedeva nelle facce delle famiglie dei nostri ragazzi e nelle nostre famiglie.
Ci eravamo portati tutti, Silver ed io, i piccoli, i suoceri, i genitori, i cognati, il cane.
Giacomo e Pietro avevano una spilla attaccata al cappello da cui non si sono più separati. Oggi l'hanno fatta vedere con orgoglio alle maestre: "Pilla". Ci tenevo che ci andassimo tutti. E non per fare numero.

Una volta un prete mi disse che la più grande civiltà della storia che ha cercato di eliminare il problema della diversità alla radice, buttando i neonati deformi dalla rupe, è stata Sparta. Di essa non è rimasta pietra su pietra. 
Un proverbio africano recita: Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino. Non vale solo per i bimbi. Vale per tutti i bisogni di cura e di relazione. Riprendiamoci il nostro Villaggio, da soli non andiamo da nessuna parte.

Per la cronaca lascio a chi la sa fare davvero con il bell'articolo di ieri sul Giornale di Vicenza e il servizio di TVA . Ne hanno parlato anche meglio il Corriere della Sera e Raitre, ma non ho trovato il link.
Scusate se vi ho tediato con considerazioni personali, da domani tornerò a fare il cazzaro. 
Jack in un momento caldo della manifestazione



mercoledì 28 novembre 2012

Dieci motivi che fanno di me un chitarrista di merda

Mi immagino sempre di fare una lista.
Sul web vanno forte, fanno figo. Io le leggo volentieri.
Ho anche una discreta capacità di memorizzarle involontariamente.
Forse non l'ho mai detto ma credo che la mia migliore qualità sia la memoria. Non ho detto che ho una memoria formidabile, ho detto che è la mia migliore qualità.
Però, se mi lasciate un attimo di autocelebrazione, devo dire che non ho mai perso una partita a memory in vita mia.
È anche vero che sono circondato da gente con la memoria a breve termine che.. ecco, di cosa si parlava?
Ah! Si, parlavo di liste.
Ecco, non le so fare.
Vedete?
Con un titolo così si dovrebbe partire a raffica: 1, 2, 3,
Invece io no. Mi perdo.
Questo è il primo motivo che fa di me un chitarrista di merda. Mi perdo. Nel tragitto che va dal salotto al sottoscala dove ho le chitarre (un paio di metri) trovo almeno 4 cause di distrazione: il bicchiere lasciato la sera prima da riporre nell'acquaio, il giornale da leggere, un sms che arriva, il pc acceso. Poi mi dimentico della chitarra (dicevo appunto che non trattavasi di grande memoria).

Poi non ho il cervello matematico. Lo sapete, vero, che ogni buon musicista ha un cervello matematico? La musica è matematica: toni, semitoni, intervalli. Ad analizzarla è una palla che non vi dico. Come la trigonometria, l'algebra (cazzo, saran vent'anni che non pronuncio 'sta parola).
La poesia nella musica è tutt'altro che scontata. Infatti un buon musicista jazz di solito è apprezzato da chi capisce cosa sta facendo ma non da chi lo ascolta e basta.
Chi riesce a coniugare la matematica con la poesia, elaborando melodie che "entrano" è un grande artista. Poi si sa, a fare 2 + 2 sono buoni tutti. Accendete la radio e ne avrete un esempio.
Io un po' ho in testa qualcosa che suona bene, anche voi ce l'avete, provate a inventarvi un jingle. Ma non riesco a tradurlo in codice binario. Per cui resta nella mia testa.

Poi sono pigro. La musica richiede sacrifici. Prendete mio fratello: è un bravissimo chitarrista blues/jazz autodidatta (insegna matematica, baideuei!). Suona tutti i giorni. Da ragazzo aveva sempre la chitarra in mano.
Io non ce la faccio, solo l'idea di accordarla mi deprime. Poi se non ho un obiettivo nemmeno mi metto, mi stanco e basta. Se ho un concerto sono una macchina da guerra. Sennò faccio zapping, piuttosto.

L'ultimo motivo è mia madre.
Nella cultura in cui sono cresciuto non c'è spazio per i fronzoli.
Faccio un esempio: c'è un contadino vicino ai miei nonni, che "tira le ossa" (ti aggiusta le slogature). Una volta mi ero fatto male e mio padre mi ci ha portato. "ah, ti alora te studi?" Mi chiese "Cossa serve, coi libri miga che cresse el sorgo". 
Tanto per dirvi. Un tipo, qualche anno più di me, che suonava la batteria (no, dico, la batteria) veniva chiamato dai vecchi Beethoven, in senso di scherno.
Mia madre era uguale. Ogni volta che sentiva un plin plin dal piano di sopra si metteva ad urlare: "Se non te ghe gnente da fare, vien xò a far forète!"
Capito? Potrei essere lo Steve Vai berico. Invece so fare le federe con la macchina da cucire.
Vi lascio
Come dite? Non sono dieci motivi?
Beh, ve l'avevo detto che non sono bravo con le liste

lunedì 26 novembre 2012

Lo conosso mi, cheo lì

Trattasi di tipica frase veneta per darsi un tono, per segnalare al mondo che, in qualche modo, si conosce gente importante. 

Riflettevo in questi giorni che si è tornati dopo un bel po' a parlare di politica. Non si faceva più da che Mister B si è dimesso. 
O forse, più semplicemente, mi ero stancato di starci dietro io. Non so. 
Fatto sta che nelle ultime settimane mi sono rimesso di buzzo buono, oltre che a suonare come si deve (ma lo sapete che ho scoperto dopo circa 25 anni che ho iniziato a suonare la chitarra, che la qualità del plettro fa la differenza?)  a seguire i dibattiti tv. 
Un po' mi è toccato; mia suocera è da sempre un pasionaria di sinistra. 
"Puoi  tenerci i piccoli stasera?
"No, c'è Renzi a Vicenza"
"Aiuteresti El Gae a mettere a letto i bimbi che c'ho la riunione a scuola?"
"No! Devo andare a vedere la Moretti alle Acli". 
E così via...
Così, per non sentirsi esclusi ci siamo rimessi a guardarci sporadicamente Ballarò, Otto e mezzo, Santoro, Piazza Pulita...
Bellina la Moretti, vero?Era rappresentante d'istituto al mio liceo... è anche brava. Però fateci caso a quante volte vi dicono per prima cosa che è bella    
Dobbiamo ancora mangiarne, di pane duro...
Poi, una sera, la notizia....
Umberto Ambrosoli si candida in Lombardia.
Sentirlo parlare è stato un flash: legalità, partecipazione, bene comune... da quanto tempo non si sentivano?
Lo conosco personalmente, io, il Beto!
Faccio parte di un gruppetto che si chiama GDP (Gruppo di discussione politica) che tutti chiamano Cheghebe (KGB) perchè non ci troviamo mai ufficialmente, siamo in 5 e, nonostante la professata non appartenenza, tutti pensano che siamo comunisti della prima ora.
Tre anni fa abbiamo organizzato una serato dove Umberto Ambrosoli presentava il libro sulla storia di suo padre: "Qualunque cosa succeda"
Ci siamo fatti S.Donà di Piave, Dueville in macchina. Si è parlato di lavoro, di viaggi, di figli (Il mio "socio" ne ha due, io ne avevo una e due in arrivo ma questo era un segreto, Ambrosoli tre).
Non c'è che dire, una persona con delle qualità notevoli, con una caratura superiore alla media ed un umorismo sornione veramente irresistibile. 
Serata stupenda, teatro pieno.
Poi lo abbiamo portato in un locale radical chic di quelli che ti servono formaggi e affettati a km zero. Stavano chiudendo e abbiamo implorato il gestore di farci sedere, di darci comunque qualcosa. Eravamo con Ambrosoli, perdio.
"Quello del miele?" disse il locandiere cadendo nel più classico dei luoghi comuni.
Fatalità su raitre stavano mandando proprio un'intervista ad Umberto Ambrosoli. È stata il nostro cavallo di Troia.
A fine cena, il gestore, un po' imbarazzato, si è avvicinato ed ha detto ad Umberto: "Mi piacerebbe che ti ricordassi di questo posto ma purtroppo  non saprei come fare... accetteresti questa?"
Era una maglia con scritto "Meno internet e più cabernet"
Il giorno dopo sulla sua pagina facebook Umberto Ambrosoli ringraziava nella sua nuova maglietta gli amici di Dueville.
Certamente non ha bisogno del mio endorsement. Non si ricorderà neppure di me, se non vagamente.
Però, ieri, mentre mettevo la mia crocetta, pensavo che mi spiace non poter votare per lui, perchè nelle parole che adesso pronuncia c'è un po' di speranza per il futuro e credo che troppo poco siamo abituati a pensare alla politica come a questo, al futuro.
Gli faccio un umile, spassionato, in bocca al lupo:

venerdì 23 novembre 2012

Di Nichia!

Vi ricordate lo schetch (come si scrive schetc) di Natalino Balasso dove definiva il genere di film che lui interpretava "Di Nichia" con un pesantissimo accento veneto?
Ecco, tutti dicono che io assomiglio a Natalino Balasso.
Così, ad occhio e croce io sono più alto.
Forse anche un po' più bello, secondo i canoni dela bellezza occidentali (e quali sono? Boh! Faceva figo dire così)
Inoltre, cosa ben più importante, il mio accento è fortemente vicentino e non fortemente rodigino. 
Comunque, io Balasso lo stimo molto e mi sento anch'io "Di Nichia".
Così non potevo non accogliere l'invito ad aderire (in realtà ho chiesto io di aderire ma se sei di nicchia un po' te la devi pur tirare) al Nicchioni Club ideato da La Lu di La in mezzo al mar..
Nonostante la mia incredibile predisposizione per gli errori grammaticali mi hanno accettato...
Un passo importante verso l'integrazione...

Grazie Luci


giovedì 22 novembre 2012

21-11-2012

Questa data non vi fa nessun effetto?
Secondo chi interpreta i Maya manca un mese alla fine del mondo. Sarebbe stato ieri, ma non c'ho avuto tempo.

Devo dire che questa cosa della fine del mondo mi pare si sia parecchio attenuata. Un anno fa se ne parlava molto di più, ora basta. Infatti non conosco nessuno che si sia messo a vivere come se tutto finisse tra un mese.

Va tutto un po' lentamente a puttane, questo si!
E allora tutti a cercare di far sentire la propria voce, a manifestare contro i tagli al sociale, contro i contratti di lavoro capestro, contro  i privilegi della casta, contro la Guerra in Palestina.
Ci sarebbe così tanta gente che si sbatte se il mondo finisse davvero il 21/12?
Qualcuno potrebbe dire di si, l'uomo non è un animale che fugge o che si mette al riparo. Pensiamo alla Shoah, ad esempio; in quanti sapevano che i nazisti sarebbero arrivati e sono stati lì, ad aspettare di venire deportati?

Ma io preferisco pensare che il calendario Maya si sia concluso quel giorno perchè il signor Frate Mayndovino aveva finito la carta e che il 22/12 saremo ancora qui a mandar giù bocconi amari e a stringere le chiappe.

Però, giocandoci un po'. Se fosse l'ultimo mese di vita?

Lo sapete, sarà che in fondo in fondo non ci credo ai maya, ma a me non viene da cambiare proprio nulla. Credo che semplicemente me ne fotterei delle scadenze. Per il resto penso di poter dire che morirei felice.



lunedì 19 novembre 2012

Farsi le corna

E' cominciato tutto un annetto e mezzo fa; eravamo seduti sul divano e così, a bruciapelo, ho chiesto a Silver: "Tesoro, c'è qualcosa che non hai il coraggio di dirmi? Perchè da qualche giorno mi stanno crescendo le corna!"
Lei, a mezzo sorriso (adorabile mezzo sorriso, aggiungerei) mette la sua mano dov'era anche la mia e sentenzia: "Cisti"
"Bon! Cazzo! E ora che faccio?"
"Niente, le lasci lì e vediamo cosa succede"
A me il discorso delle cisti ha sempre fatto schifo ed impressione, anche il nome, mi fa senso. Mio padre e le mie zie sue sorelle sono stati tutti cistectomizzati (non so se è un termine che esiste, era per darmi un tono) al cuoio cappelluto. Ricordo mio padre, tanti anni fa, che tornò a casa con un bellissimo berretto bianco della Marlboro con il frontino. Sembrava Alan Prost. Serviva a nascondere tre grossi cerotti appiccicati alla testa rasata a pois: cisti.
In questo anno e mezzo, pur continuando ad essere abbastanza sicuro della fedeltà di Silver (fateci pure dell'ironia, ma vi assicuro che è così, ci metto "abbastanza" solo per non sputare troppo in alto), le corna hanno continuato a crescere. Una più dell'altra, a dire il vero.
Così, siccome quelle tre volte l'anno che mi vado a tagliare i capelli tendo a farli accorciare parecchio e iniziava a fare capolino e, poichè quando mi sposto in vespa devo indossare il casco e, avendo io un capoccione tanto, che c'è solo una marca che fa la misura che mi va bene, meglio andarla a togliere che sennò non riesco neppure più a chiudere il cinturino (vi è piaciuto l'ultimo periodo pieno zeppo di parentetiche? Spero che nell'aldilà ci sia qualche entità che costringa Cicerone a tradurre in latino l'ultimo paragrafo, tiè!)

Ma l'intevento, di per sè, è stato una stupidaggine. Anche chiamarlo intervento è un'esagerazione.
Mi concede però una giornata libera.
L'ultima è stata in giugno, quando mi sono malato. E prima in febbraio, che anche lì avevo la febbre.
Per "giornata libera" intendo senza lavoro e senza figli. 
E sapete qual'è il colmo? Mi sento in colpa.
Allora mi passa tutta la voglia di scherzare e penso che c'è qualcosa che non va se mi sento in colpa per rimanere a casa per un motivo valido, ci resto un solo giorno e poi, per mesi, non succederà più.
Dico sempre, e ne sono convinto più che mai, che sapersi annoiare è un'arte sottile.
Ci vuole una gran classe pr sapersi annoiare come si deve. Intanto bisogna partire dal presupposto che c'è qualcosa che è rimasto da fare (le cose da fare non finiscono davvero mai) e tu te la vivi bene comunque. Devi essere anche in grado di non oltrepassare il limite del fancazzismo patologico, anche. Poi bisogna starci bene nella noia, non va confusa con la depressione. Quando non stai facendo nulla rischi di iniziare a pensare ed è lì che scopri chi sei, dentro quel vuoto lì.
Conosco troppe persone che sono ciò che fanno e non si fermano mai.
Invece io oggi mi dedico un verbo: Sostare
Che però, per me, si legge So-stare*!

*non è farina del mio sacco, questa doppia lettura, non ricordo con precisione da dove arrivi, l'ho fatta mia diverso tempo fa. Ringrazio Marco V. che me l'ha fatta conoscere.

venerdì 16 novembre 2012

Sostiene Faber

"La chitarra è come una donna: se la trascuri te la farà pagare"

È una frase che ho letto tantissimo tempo fa in un libretto di un cd di Fabrizio De Andrè. O forse in uno di quei libretti che si trovano dentro al cofanetto "libro + VHS" che poi ti filavi solo il VHS ed il libretto lo leggevi solo se ti scappava di andare in bagno e non eri passato in biblioteca di recente per cui andava bene anche quello.

È una frase che mi torna in mente spesso. O meglio, se prendessi in mano spesso la chitarra forse non mi tornerebbe in mente spesso. Va, ben, è un paradosso. Diciamo che ogni volta che metto le mani alle corde sento il vecchio Faber che me lo dice.

Però è un mesetto che suono con una certa regolarità. Alla sera, dopo che i bimbi sono andati a letto. Silver si sfonda di formazione online ed io mi ritiro nella stanzetta vicino al garage. Con il solito gruppo di vecchi rocker della provincia si sta cercando di metter su una serata su De Andrè. Non potevo mancare. Sarebbe come saltare messa per un cattolico, ma con molti più sensi di colpa.
Così mi sono messo ed una sera ho cambiato 20 corde: 12 della chitarra folk, 6 dell'acustica, 8 del bouzouki. E giù, a strummare in allegria.

Non conosco miglior toccasana per l'animo, dico la verità. Saranno le poesie inarrivabili o le musiche così ben curate. Sarà che da troppo tempo non mi mettevo a lavorare musicalmente a qualcosa di un po' strutturato, alla responsabilità che si ha di far funzionare un pezzo non solo per me ma anche per chi suona con me. 

Certo le articolazioni sono rigidotte: alcuni lick non c'è verso che vengano al primo colpo. Arpeggiare e cantare richiede una certa consuetudine che ormai è passata da un po'.
Aprire la mano e raggiungere proprio quel "tasto lì" non è più semplice come una volta.
Le cosciotte pienotte non permettono più al bouzouki di essere tenuto nella giusta posizione e quella dannata cassa ovale ha proprio la curvatura della mia panza. Solo dall'altra parte. Per cui non vanno d'accordo, non c'è verso di tenerle appoggiate l'una all'altra.

Ma ci stiamo lavorando. Così, se vedete passare un'auto grigia con sotto Creuza de Ma a tutto volume o un folle barbuto che canticchia Il suonatore Jones, quello sono io.

Il terzo sabato di gennaio si va in scena, praticamente senza provare (due o tre prove al massimo che per De Andrè è come non provare nemmeno).
Probabilmente nulla sarà degno di essere messo su youtube.
Lì, un cuore felice, non si riesce a renderlo. 

ps: lunedì mi operano... se non muoio sotto i ferri vi racconterò tutto. Sennò sappiate che vi ho amato. 
(nulla di serio, non c'è da preoccuparsi e non è neppure una vera operazione; è solo per tirarsela un po') 

martedì 13 novembre 2012

Unicum


Quei pochi autolesionisti che leggono costantemente o abbastanza spesso il blog si saranno accorti che ho tre figli tutti piuttosto piccoli. Lo dico perchè, alla pari, mi trovo a leggere dei blog dove genitori che ne hanno uno si lamentano tanto uguale. E non c'è nessuna implicazione spocchiosa in questa mi affermazione. Sono convinto che, a volte, sia più difficile gestire una sola belva che un piccolo branco.
Nonostante ciò vi diffido dall'usare in mia presenza (e credo alla presenza di tutti i trigenitori o dei genitori gemellari) la frase che per meglio entrare nel contesto scriverò in dialetto veneto: “Ah, caro! Te savessi quanto che tribolo de più mi co' uno”.

Ma non voglio andare fuori tema. Ah, già, non ho ancora detto il tema.
No no, dicevo (scusate sono reduce da una formazione in cui il docente continuava a cambiare discorso, lasciare frasi a metà ed aprire parentetiche senza poi chiuderle per riprendere sempre con un “no no, perchè...”
Cioè: da un lato mi lamento, dall'altro mi rendo conto che averne tre tutti vicine di età sta iniziando a dimostrare i suoi vantaggi. Ieri, ad esempio sono tornato dal lavoro alle 20 e, per la prima volta non ho trovato Silver esaurita nella gestione della Triplice Alleanza. “Sono stati bravissimi: finchè preparavo la cena hanno giocato tra di loro a costruire la casetta con i cuscini del divano”. Impensabile, fino a poche settimane fa.
Si vede proprio che iniziano a collaborare per periodi significativi: anche per 10-15 minuti...
Poi si menano senza pietà o iniziano a saltare selvaggiamente in equilibrio sul bracciolo del divano, o arrampicarsi sul mobile del soggiorno, aprire le porticine e svuotare i pensili. L'altra sera Pietro mi ha portato amorevolmente la bottiglia di Vecchia Romagna che ho lì solo per quando viene mio padre a bere il caffè. Mio nonno Bepi sarebbe fiero di lui: per quanto mi volesse un bene della madonna non ha mai mandato giù il fatto che fossi praticamente astemio (a casa mia “aqua e vin” si bevevano appena smesso il biberon di latte)

Chi ha un solo figlio, invece, è probabilmente sempre più impegnato a “fare compagnia” al pargolo (credo, dite la vostra senza problemi).
Ricordo che, da piccolo, i figli unici erano rari e le persone ne parlavano sempre come se fosse una malattia. Credo che influisse molto anche la sociologia veneta e contadina: tutto quello che è diverso spaventa, i figli unici sono rari quindi diversi, i figli unici forse non spaventano ma i loro genitori sono da guardare con sospetto.
E tematiche legate all'infertilità non erano mai scevre da implicazioni teo-colpevolizzanti.
(l'uso del tempo passato è, in realtà, retorico perchè recentemente una giovane mamma mi ha freddato con la cazzata solenne che: “Se Dio o la Natura ha deciso che non puoi avere figli forse un motivo c'è”)
Stesso effetto facevano i figli di genitori divorziati; in paese addirittura non ce n'erano. Però alle medie, fatte a Vicenza, dai preti, ce n'erano un sacco. Dicevano che era un modo di tutelare i figli dei divorziati metterli in una scuola che poteva garantire una maggiore tutela. Non ho mai capito tutela rispetto a cosa, ma se si erano posti il problema forse un motivo c'era.
È proprio strana la società: in un era in cui non si usava integrare le fragilità vere, si andava in cerca di crearsene ad hoc.
Fortunatamente queste cose si sono risolte: non si guarda più strano un figlio unico, un figlio di divorziati, un mancino, un ateo.
C'è di che sperare che possano avere la stessa sorte anche tutti gli altri: le persone con disabilità, i gay, i figli dei gay, le persone con la pelle scura, con un accento diverso o con le mamme coperte da capo a piedi.
È un augurio che faccio
Ai miei figli, soprattutto.

giovedì 8 novembre 2012

Chi ha intervistato PiterPan ? (reloaded)

(qualcuno mi ha segnalato problemi nel visualizzare l'ultimo post, lo ripubblico sperando in miglior sorte)
 
Oggi mi cimento in un esercizio mai provato prima.
Come tutti gli sportivi sanno, qualsiasi sia il loro livello di pratica, le prove senza un po' di pratica sono sempre un disastro.
Nonostante ciò, essendo ormai definitivamente un ex sportivo, mi cimento comunque nella delicata arte dell'intervista chiedendo clemenza all'intervistato e ai lettori.
Lo faccio perchè ci sono delle storie che fanno emozionare e commuovere, fanno il pieno di speranza e meritano di essere conosciute.
Per questo oggi qui, ospite dell'incasinatissimo salotto di questo blog scalcinato c'è Stefano Pieropan aka Stefano Piter, autore di “A Spasso con la multipla” e dell'omonimo spettacolo che Silver ed io, grazie ai soliti nonni, siamo riusciti a vedere in occasione della prima assoluta il 5 ottobre scorso.
Due ore sul filo affilatissimo dell'emozione tra letture, poesie e musica rock. 

 

Dunque, Stefano, come farebbero tutti gli intervistatori bravi: hai voglia di presentarti?
Ciao a tutti!!
Sono Stefano..ma tutti ormai mi chiamano Piter...
Ragazzo di 28 anni di Schio, con tanta tanta voglia di vivere e di sentirsi vivo, nonostante tutto!
Da 5 anni convivo con la Sclerosi Multipla.. o Stronza come la chiamo io!!
Lavoro come operatore presso una cooperativa sociale, a Schio (Vicenza).
Gioco e alleno: calcio o, come dico io, a giocare a pallone e a divertirsi!!


Com'è nata l'idea del libro? Hai scritto e spedito il manoscritto a 500 case editrici? Ti hanno cercato loro?
Scrivo ormai da anni.
Poesie o qualcosa del genere, ma le ho sempre ritenute molto personali..
Un anno e mezzo fa - è partito tutto da uno sfogo su uno scottex perchè in quel momento carta non ne avevo!.....
Ho iniziato a ripercorrere la mia esperienza di vita con la malattia su consiglio di una mia amica psicologa, per riaffrontare e iniziare ad accettare la malattia, con un mezzo personale e liberatorio.
La cosa sconvolgente è che mi ricordavo segno per segno tutto quello che era successo.
Fatti e persone che mi sono state a fianco in quei momenti, non le dimenticherò mai.
All'inizio dell'anno “grazie” ad una ricaduta della malattia ho continuato a scrivere e sistemare il testo, fino all'incontro fondamentale con l'attore Mario Palmieri grazie all'amica scrittrice Barbara Berengo.
Mario ha accolto le mie parole e ha visto il messaggio che volevo mandare con il mio scritto.
Mi ha aiutato a farlo sbocciare definitivamente facendolo pubblicare presso la casa editrice Edizioni Progetto Cultura di Roma. È uscito a fine luglio.


Nel libro parli tantissimo della musica che fa da sfondo alla tua vita. Ma non citi neppure un titolo. Se dovessero trarne un film e ti chiamassero come consulente, che titoli o che autori sceglieresti?
Nel testo cito gli Ac/Dc e i Clash..che mi hanno accompagnato e spesso mi accompagnano durante le giornate belle o brutte che siano.
Soprattutto Rock!!
Ce ne sarebbero tanti e tante canzoni.....
Mentre scrivevo (scrivo sempre con colonna sonora del buon rock) ho ascoltato spesso e volentieri la colonna sonora del film "In to the wild"... mi ci sono quasi immedesimato!!!
Chi lo ha visto capirà!!
(Ieri sera mi sono rivisto In to the wild ed ho pensato proprio a questa risposta, ndr)

Già che ci siamo ti chiedo come hai scelto le musiche dello spettacolo? Io, che mi vanto di conoscere quasi tutta la musica del mondo, sono uscito dalla sala demolito nell'autostima, non ne conoscevo manco una... a parte “What a Wonderful World”. Dimmi i titoli va, che la prossima volta mi faccio trovare preparato.
Le ho scelte grazie ai ragazzi-musicisti, che fin dall'inizio si son lasciati coinvolgere, e alla loro conoscenza e capacità di abbinare musica rock, e testi che potessero essere collegatI al filo del libro.
Sono gruppi poco conosciuti; gli accompagnamenti delle parti poetiche narrate durante lo spettacolo sono creati dagli stessi musicisti.

Il libro è un atto di coraggio che personalmente ammiro tantissimo, significa mettere la propria esperienza personale a disposizione del mondo. È cambiato qualche cosa dopo la pubblicazione del libro?
Mi sono accorto di tutto quando mi sono trovato sul palco durante lo spettacolo!!
Tutta quella gente!! In quell'istante mi sono reso conto cos'era successo in questi mesi!
Ora sono bombardato da proposte, da messaggi di ringraziamento.
Ogni giorno mi ripeto che deve essere solo l'inizio del cammino... solo una tappa,

Nel libro chiami la Sclerosi Multipla “La Stronza” facendo riferimento all'esperienza di Stefano Borgonovo. Poi ironizzi molto sulle “formichine” quasi fossero delle compagne di viaggio. Se dovessi definirle ora...
Sono sempre compagne del cammino..ogni tanto si faranno sentire..
Più di tanto non posso farci... ma non mi fermo continuo a camminare anche con loro.
E ogni tanto sembrano esser loro stufe di camminare!


Pensando a Borgonovo mi viene in mente un'altra questione delicata: che effetto ti fa il bla bla bla televisivo ogni volta che si parla di persone affette da SLA o da altre patologie invalidanti, testamento biologico o altre qestioni così importanti?

Più se ne parla meglio è!!!!..Dipende sempre da come!!
Sono realtà sommerse!!!!
Il messaggio del libro è proprio quello di far emergere queste esperienze.
Di parlare di queste Stronze a cui ancora non sappiamo dare (e non sanno darci) risposte!!!
Di far vedere che nonostante tutto siamo vivi e possiamo vivere la nostra vita!!

Progetti futuri?
VI INVITO TUTTI AL PROSSIMO SPETTACOLO-PRESENTAZIONE!!
A SPASSO CON...LA MULTIPLA!!
IL 16 DICEMBRE ORE 21
A BASSANO, TEATRO REMONDINI NON MANCATE!!!
Altre serate nell'anno nuovo... città venete e non solo!!
Incontri nelle scuole... con il gruppo di “Ragazzi Sclerati” AISM... “Barcollo ma non mollo”
E altre chicche che non posso svelare ora.


Bene Per chi è in zona consiglio vivamente di andare a vedersi lo spettacolo, se vi capita l'occasione...
Grazie Stefano per essere stato con noi ed aver portato un po' di serietà, entusiasmo e voglia di lanciare il cuore oltre l'ostacolo in questo blog cazzaro... buona fortuna.
GRAZIE e... andiamo oltre



Nino capì fin dal primo momento,
l'allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe
e corse più veloce del vento”.
(F. De Gregori – La leva calcistica del '68)