giovedì 20 dicembre 2012

Diagolik

Siamo sotto Natale e mi sembra doveroso spendermi in favore del bene comune. Oggi si fa servizio pubblico.
La domanda a cui voglio rispondere è: come fare a mangiare di nascosto agli occhi di vostra madre, vostra moglie o i vostri figli se siete dichiaratamente a dieta?
In sostanza: come evitare che anche i vostri parenti scoprano finalmente il mistero del perchè il regime ipocalorico su di voi non ha nessun effetto.

Anche se oggi come oggi ho fatto voto di castità alimentare, ragion per cui non sarei titolato a parlarne, per anni ho dovuto barcamenarmi con i sotterfugi più disparati raggiungendo un notevole capacità di mimetismo sgarrone. Poi chissenefrega, anche i preti parlano sempre di rapporti sessuali, perchè io non dovrei parlare della mia vecchia vita?
Lo so che facendolo svelo tutti i miei trucchi... ma è per questo che lo faccio: sono determinato a non sgarrare, per cui consegno le armi ed il distintivo e cambio vita.

Parliamoci chiaro: non stiamo parlando della pasta alla carbonara che vi scafate a botte di mezzo chilo alla volta quando siete a casa da soli, così sono buoni tutti.
La vera sgarrata che dà soddisfazione è quella che coglie l'attimo che fugge: mentre nessuno vi guarda, mentre vostra moglie va un secondo in bagno, mentre è girata a correggere i compiti dei figli, mentre esce a portare la spazzatura.

Innanzi tutto è bene che sappiate che non tutti gli alimenti sono adatti alla sgarrata, imparare a discriminarli potrebbe salvarvi la vita.
Sono poi necessari velocità di esecuzione, tempismo e precisione che dovete obbligatoriamente sviluppare nel tempo.
L'improvvisazione non paga mai ma una certa dose di creatività vi farà senz'altro comodo.

Partiamo dagli esercizi più semplici: siete a casa da soli per una mezz'ora e avete una fame maledetta.
Il mio consiglio è di non aprire mai nulla di confezionato. Lascereste delle prove inconfutabili del vostro momento di debolezza. Se c'è un sacchetto di biscotti aperto, non mangiateli mai tutti. Il peso totale della confezione deve sembrare lo stesso. Se non è trasparente potete cercare di dargli una forma che faccia intendere che è quasi pieno.
Se vi va un panino e prendete il pane da toast non utilizzate mai la prima o ultima fetta del sacchetto (quelle che hanno un dorso diverso). Nei vasetti di cioccolata cercate sempre di lavorare in larghezza e mai in profondità e, soprattutto, evitate di intaccare le parti vicino al vetro del vasetto: con il tappo sembrerà ancora pieno.

Dai miei avevamo raggiunto livelli celestiali. Mio padre riusciva a limare un dolce (di quelli tipo girella, per capirci) sera dopo sera. Poi si premurava di riporlo sempre nella stessa posizione con la parte ancora integra verso l'esterno e la confezione che pareva intatta. Riponendolo nel ripiano in alto, la prospettiva faceva il resto del lavoro (per questo fare la spesa in prima persona ha i suoi vantaggi, pianifichi già la settimana di sgarrate).

Non era raro che la domenica mia madre, credendo di poter offrire agli ospiti quel dolce, si accorgesse last minute che in realtà era rimasto solo l'incarto ed un ultima sottilissima fetta (praticamente una girella bidimensionale).
Naturalmente è superfluo sottolineare che non bisogna mai, mai ,mai, buttare via l'incarto di nulla. Lasciate un biscotto nel sacchetto e riponetelo al suo posto.
E ricordate che alla domanda fatidica: “Chi ha finito il dolce?” la colpa va sempre data (perchè è oggettivamente sua) a chi ha mangiato l'ultimo pezzetto.

Ma il mio masterpiece è la caccia di frodo al formaggio grana. Non si tagli mai la punta, lo si lavora ai fianchi, asportando delle sottilette semitrasparenti.
Sono in grado di fare di quegli alesaggi ad un pezzo di parmigiano più precisi di un tornio a controllo numerico.
E proprio ora che avevo anche qualcun altro in casa a cui poter iniziare a dare la colpa ho deciso per la castità alimentare.

Quanto talento sprecato.

lunedì 17 dicembre 2012

Se sei un angelo, batti le ali

Ci sono cose che ti fanno pensare di essere stato fortunato, nella vita.
Io ad esempio sono contento di avere avuto i figli tutti estremamente vicini (che tre più vicini di così, è dura a farceli stare).
La consapevolezza mi è venuta qualche settimana fa quando, ad una serata qui al lavoro, un collega lui pure con tre figli, solo un po' più "spaziati", mi ha confessato: "Sono al decimo anno consecutivo di recita dell'asilo, carro della stella, bancharella con i lavoretti".
Cazzo, dieci anni!
Senza condizionale.
Ci sono sentenze per omicidio con pene più leggere.
Ho fatto subito un paio di conti: alla fine me la caverò con 5 anni in totale.
In fondo non è male.
Ieri è andato in scena lo spettacolo natalizio dell'asilo dove vanno i miei. Essendoci il nido integrato per qualche istante sono stati in scena simultaneamente tutti e tre, con un certo imbarazzo a decidere quale dei tre guardare/seguire/fotografare, visto che l'happening si svolgeva in un palazzetto dello sport per mancanza di strutture più adeguate.
Per certi aspetti devo dire che sono ammirevoli sia i bimbi che le maestre: riuscire a fare quattro movimenti giusti in uno spazio enorme senza, oltretutto, aver mai potuto provare, è veramente degno di nota.
Soprattutto se penso che per anni ho "animato", assieme ad alcuni amici, un gruppo di teatro con degli adolescenti qualcuno dei quali, dopo decine di prove, ancora sbagliava i tempi di entrata ed uscita.
Aveva ragione il signor Miyagi: cattivo allievo dipende da cattivo maestro. (dai la cera togli la cera)
Poi ho il sospetto che il mio post dello scorso anno (dove dicevo che il segreto del successo delle recite era mettere di schiena verso il pubblico tutte le maestre con un bel culo) sia stato letto: quest'anno tutte belle dritte e faccia ai genitori. Con buona pace dei papà allupati.
Invece, in un anno, ho raggiunto una consapevolezza: il DVD della recita sarà rivisto fino alla nausea dalla Triplice Alleanza. Almeno fino a giugno, quando subentrerà quello della recita di fine anno.
Vedi come cambiano le cose? Prima a fare lo snob con le recite dell'asilo, ora ad augurarsi che ce ne siano per poter cambiare, una volta ogni tanto, il DVD nel lettore.

venerdì 14 dicembre 2012

Mi sono tolto un peso

Parecchie persone, passando di qua, non si sono risparmiati le frecciatine al mio indirizzo per il fatto di aver tolto il contatore del peso...
Le ho prese sportivamente (da sconfitto, peraltro), non preoccupatevi.
Mi sono anche sentito una merda.
Però ad un certo punto era una pena e non la valeva.

Poi è successo che un paio di settimane fa, un venerdì sera, Silver mi dice che l'indomani si sarebbe alzata presto per andare a fare gli esami del sangue.
"Come mai?" ho chiesto io, conoscendola.
Silver infatti non è una persona ansiosa e tantomeno allarmista.
Tendenzialmente trascura anche la propria salute per star dietro agli altri.
Ah! Smorzate nelle vostre laringi la domanda scema che vi starà venendo: non si trattava neppure di sospetta gravidanza (anche perchè, in alternativa, avrebbe fatto un test)
"Mah! Non è niente, solo per essere sicura".
Mi sono preoccupato, vi diro! Nella sua famiglia non sono stati rari i casi di tumori, anche in persone abbastanza giovani (non come lei, però...).
La conferma che tutto va bene è arrivata il lunedì e nel frattempo era riuscita a trovare le argomentazioni per convincermi che fosse solo uno scrupolo.
Però io, quel sabato mattina, a letto con tutti e tre i bimbi, mi sono fatto prendere da pensieri neri, a immaginarmi cosa sarebbe della mia vita, se ad un certo punto mi trovassi da solo, a seguito di una grave malattia di mia moglie.
Vi giuro che mi è scappato di pregare. Mi son sentito anche una schifezza che pregare solo in caso di bisogno non dovrebbe valere neanche, oppure dovrebbero metterci l'IVA al 50%, che bisogna aggiungerci 2 decine al rosario.

Poi mi sono tornati in mente, al netto degli improperi, tutte le parole che usa Silver per ammonirmi quando esagero col mangiare: epatopatite, diabete, infarto, cardiopatia.
(Vi ricordate quando dicevo che per lei fosse dura a trovarsi a fare la madre con un marito psicologo? Beh! È più o meno come essero obeso con una moglie diabetologa).
Comunque ho detto basta. Lo devo a lei, che la paura che ho avuto io magari lei se la sente addosso giorno dopo giorno.
Lo devo ai piccoli che trovarsi orfani non è una gran soddisfazione.
Lo devo a me, che, Maya permettendo, c'ho ancora qualche faccenda da sbrigare.
Non sono più a dieta: ho fatto voto di castità alimentare.
Non mangio ASSOLUTAMENTE NIENTE fuori orario: niente caramella, che tanto è una, niente cioocolatini, niente patatine, niente pezzo di panettone, niente torta di compleanno del collega, niente biscotto sofgliatino, niente. Sono tutte cose che girano al lavoro, nelle riunioni. Io faccio riunioni (e mangio) praticamente otto ore al giorno.
Basta!
Da 15 giorni va così e finora non ho praticamente mai sgarrato.
Certo, a volte mi sembra di essere Alex il Leone, in Madagascar, quando gli sembra di vedere bistecche ovunque. Ma tengo a bada la mia bulimia recitando il mio mantra: "Non hia fame, panzone, sei solo nervoso".
Finchè dura...

giovedì 13 dicembre 2012

A spasso con la Multipla

(Pubblicità)
Per chi fosse in zona, per chi non è spaventato dai chilometri, per chi non ha paura di commuoversi:




Domenica 16 Dicembre
ore 21.00
Teatro Remondini
via SS. Trinità
Bassano del Grappa

Per sapere di cosa si parla guardate qui

martedì 11 dicembre 2012

Che tormento!

Nei periodi meno ispirati do il meglio di me.
Perchè sono un pigro fondamentalmente e, se non ho nulla da fare, tutto quello che faccio, è in più rispetto ai programmi.
Diciamo che non siamo in una situazione molto semplice: Silver gira in stampelle e fa quel che può. Beh, è più di quanto mi aspettassi, per cui va benissimo.
I bimbi all'inizio si erano un po' preoccupati ma adesso non se la vivono male. Bisogna stare attenti che non saltino sopra al piede malandato della mamma, ma per il resto va bene.
Scrivo pochetto, è passata quasi una settimana dall'ultimo post. In pausa pranzo vado a casa, in volata, per fare un po' di compagnia all'inferma e così non ho la possibilità di scrivere.
Ieri sera, complice un lavoro che dovevo finire ho acceso il computer è c'ho infilato questo post...

La settimana scorsa riflettevo sui tormentoni.
Che bei pensieri, direte voi!
Mi ci ha fatto pensare il Pee che ogni mattina, puntualissimo, quando porto tutta la progenie al nido mette in scena la seguente piece: “Il mio primo tormentone” atto unico. 
 
El Gae scende dall'auto, apre la portiera posteriore lato guida facendo scendere Marichan, ormai abbastanza autonoma.
El Gae si infila dentro all'auto per sganciare Jack, soffoca due madonne indirizzate alla sua mole che non ne vuol sapere di calare, sfila il panzerotto dal seggiolino e lo ripone sul selciato (in realtà è asfalto, ma quanto più poetico è il selciato?).
El Gae fa il giro della vettura, apre la portiera posteriore destra (quello dietro al “posto dea suocera”) e...
Pee, che non ha mai perso di vista il padre, sbirciandolo di sottecchi, reclina velocemente la testa e finge di dormire.
El Gae: “dormi, cucciolo?”
Apre gli occhi blu e giù risate.
Capite? È il suo primo tormentone. A poco più di due anni è già al livello di Colorado, Striscia la Notizia, gran parte di Zelig.
O forse sono Colorado, Striscia e Zelig che sono al livello di Pee?
E mi chiedo, ogni volta che cerco di guardarli, che mi illudo di poter liberare il magone con una risata, perchè? Perchè? Perchè?
E niente, mi viene il nervoso e cambio canale.

Forse dipenderà dalla mia storia personale con i tormentoni.
I primi che io ricordi erano quelli del Drive In. A casa non si guardava il Drive In: “Non se varda serte putanade!”, “Quante cassade”, “Mi digo che i dovarìa vergognarse”
Questo per riprendere le migliori rime di mia madre all'epoca.
Il problema era che a scuola tutti continuavano: “Pippopippopippopippopippo”, “Sa che lei è proprio un bel...volpino!” “Ehi, sono io sono il paninaro”. Ogni piè sospinto, in continuazione.
La storia si è ripetuta più o meno uguale anche dopo, con la Gialappa's Band, con i primi Zelig: non erano più i genitori a proibire ma la vita incasinata del ragazzo impegnato. Non li guardavo e non li conoscevo. Eppure i vari “E aluuura?”, “Bastardiiii!!!”, “Potevo rimanere offefo” mi risultavano familiari, si sentivano ovunque: in treno, in aula, al bar, in piscina, nello spogliatoio del calcio...
Così, la mia psiche, verosimilmente già labile, invece di sviluppare un astio nei confronti dei genitori che probivano, ha maturato un pesante senso di repulsione per i tormentoni.
Mi fanno incazzare.
Ma incazzare proprio. (a proposito: vi ricordate “Non esiste proprio”?)
E niente, poi ti scappa di usarli anche tu, perchè se vivi in Inghilterra ti vien da imparar l'inglese e non vi dico quante frasi stereotipate che usano i ragazzi dove lavoro non siano diventate di uso comune quando ci parliamo tra colleghi. Ma quello è un codice, un linguaggio complice.
Il tormentone è il minimo sforzo con il massimo risultato. Lo sforzo ce lo mette chi lo crea. Il risultato le pecorelle che si fanno addomesticare.
E non sono l'unico a pensarla così. Ne parlavo anche ieri con Tatiana...
Chi è TATIANAAA???”

mercoledì 5 dicembre 2012

Caro Babbo Natale

Sempre così deve iniziare la lettera a Babbo Natale.
Io personalmente non l'ho mai scritta. Dirò la verità: non credo di aver mai creduto veramente a Babbo Natale. D'altro canto, quando ero piccolo (arridaje che parte con la lagna de “ai miei tempi”) non esiteva Babbo Natale. Fisicamente, dico, lo si vedeva in tv, non capitava mai di incrociarlo per strada, alla Standa o al vivaio. Forse non c'era nemmeno il vivaio concepito come oggi, con il mercatino di Natale e tutto il resto.
Nemmeno i mercatini di Natale c'erano. Forse in Alto Adige. Ma noi non ci s'andava mai.
Anche le luci, ricordo, hanno iniziato a metterle in paese che già ero grandicello. Una cosa tristissima ad ogni modo: il negozio pagava il comune per la sua decorazione che veniva appesa sopra la strada davanti alla vetrina. Solo che c'erano tipo tre negozi, l'uno a 150 metri dall'altro. Immaginatevi voi che Ville Lumiere.
Adesso invece, ammesso che un bimbo ci creda davvero, Babbo Natale probabilmente può passare per l'unica entità al mondo con un comprovato dono dell'ubiquità. È ovunque.
E nell'epoca del risparmio energetico ci sono delle luminarie che potrebbero fare notare da Marte anche il paese più sperduto e sfigato della val di qua*.
Anche i mercatini, con tanto di capanna in stile tirolese, si possono trovare, credo, perfino di fianco al chiosco di piadine di Cesenatico.
A casa nostra il Natale si fa sentire, eccome.
Per la prima volta in vita mia abbiamo fatto il presepe in novembre. Due sabati fa. Pioveva e vaffanculo.
In compenso ha continuato a piovere per tutta la settimana successiva; grazie tante, gli altri anni si e no che si riuscisse ad allestire qualcosa per la vigilia.
I bimbi erano entusiasti e l'hanno personalizzato a modo loro: sembra che qualcuno abbia fatto un attentato con il gas nervino a Betlemme.
L'albero, invece, è inspiegabilmente salvo.
Poi c'è il Santa Claus che ha preso il posto del lupo nelle minacce dei nonni: “Guarda che se non mangi Babbo Natale non ti porta la chitarra”. “ll Bouzouki, allora!” ha risposto Jack dal suo imperturbabile sorriso cicciottello.
Quest'anno abbiamo anche il Carro di Babbo Natale dei genitori dell'Asilo che gira per il paese nottetempo (verso le 7 di sera) a cantare la Stella e raccoglie offerte pro. 
“El Caro dea Stea” come si dice qui.
L'abbiamo sempre scampata gli anni scorsi. Avevamo la scusa dei bimbi troppo piccoli, della distanza, del gomito che a contatto col piede. 
Quest'anno però bisogna. 
A turno i papà fanno i Babbo Natale (potranno credere a Babbo Natale i bimbi se a turno lo vedono fare da tutti i papà? Mah?). 
El Caro è un misto di sacro e profano con i Babbi rossovestiti e le maxi statue di Gesù, Maria ed un inedito Giuseppe fresco fresco di una seduta di peeling, imberbe e figaccione.
Ieri sera abbiamo fatto la prima uscita. Verso la fine del giro, i bimbi sul carro, Silver si è scapicollata contro il marciapiede.
Trauma contusivo del piede destro con microfrattura particellare dello scafoide tarsale. 12 giorni di prognosi e bendaggio rigido all'ossido di zinco.
Ci è costato... Caro il mio Babbo Natale

* espressione relativista per indicare la nostra valle in contrapposizione a quella che sta “di là”

Questo post partecipa al blogstorming di Genitori Crescono

lunedì 3 dicembre 2012

Che Figata Social Club

Di solito non faccio mai post di cronaca.
Ma fino ad un anno e mezzo fa non scrivevo neppure su di un blog, per cui perchè porsi dei limiti.
Poi in realtà oggi non volevo fare proprio cronaca. È quasi più un punto di vista, la condivisione delle emozioni.
Parlo di una manifestazione organizzata dalle cooperative sociali di Vicenza, la prima, in tanti anni di attività, per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione sempre più precaria in cui si trova a muoversi chi cerca di pensare al futuro delle persone in situazione di svantaggio: disabilità, tossicodipendenza, minori che arrivano da famiglie problematiche, chi esce dal carcere.
Premetto che non sono affatto neutrale in questo tema.
Da questo tipo di lavoro arriva il mio stipendio. Ed una parte di me ed una parte di tutta la mia famiglia è scesa in piazza proprio per salvaguardare anche questa prosaica forma di sostentamento che si chiama busta paga. Credo che sarebbe stupido, oltre che poco credibile, non ammetterlo.
Eppure c'era molto altro, molto.
Ed in piazza si vedeva.
Si vedeva nella commovente sfilata di 130 pulmini e camioncini delle cooperative che hanno cinto l'intera città tutti addobbati da questi cartelloni qui sotto.





Si vedeva nelle facce del gruppo musicale Ambaradan, formato anche da musicisti con disabilità che ha letteralmente scaldato l'atmosfera con le canzoni popolari, elaborazioni di De Andrè, Fossati, Modena City Ramblers.
Si vedeva nelle facce delle famiglie dei nostri ragazzi e nelle nostre famiglie.
Ci eravamo portati tutti, Silver ed io, i piccoli, i suoceri, i genitori, i cognati, il cane.
Giacomo e Pietro avevano una spilla attaccata al cappello da cui non si sono più separati. Oggi l'hanno fatta vedere con orgoglio alle maestre: "Pilla". Ci tenevo che ci andassimo tutti. E non per fare numero.

Una volta un prete mi disse che la più grande civiltà della storia che ha cercato di eliminare il problema della diversità alla radice, buttando i neonati deformi dalla rupe, è stata Sparta. Di essa non è rimasta pietra su pietra. 
Un proverbio africano recita: Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino. Non vale solo per i bimbi. Vale per tutti i bisogni di cura e di relazione. Riprendiamoci il nostro Villaggio, da soli non andiamo da nessuna parte.

Per la cronaca lascio a chi la sa fare davvero con il bell'articolo di ieri sul Giornale di Vicenza e il servizio di TVA . Ne hanno parlato anche meglio il Corriere della Sera e Raitre, ma non ho trovato il link.
Scusate se vi ho tediato con considerazioni personali, da domani tornerò a fare il cazzaro. 
Jack in un momento caldo della manifestazione