lunedì 30 settembre 2013

Lacrime in Paradiso


Ci sono cose che ti prendono a tradimento, nel bel mezzo di una spolverata al mobile della sala.
Cioè, tu sei lì, straccio alla mano e spruss spruss nell'altra, hai appena controllato che i bimbi in giardino non si stiano sepellendo vivi a vicenda con il badile di ferro che l'amorevole nonno ha confezionato ad hoc, o che non si siano attaccati l'uno con altro per le caviglie al trattore a pedali, per girare trionfalmente attorno alla casa come il pieveloce Achille con il prode Ettore e ti metti un disco nello stereo.
De Andrè, no. Serve roba energetica
I Gang, no. Per oggi niente impegno sociale
I Modena, uhm, i bimbi già te li fanno sciroppare in macchina.
Guccini, per carità.
Testa, Conte, Fossati? No no, stiamo spolverando, non voliamo troppo alti.
Passiamo alla sessione anglosassone:
Pink Floyd, Dire Straits, non c'ho voglia, troppo complicati.
Rolling Stones... quasi quasi
Clapton.
Eric Calpton is God, scrivevano sui muri di Londra negli anni settanta.
Ci sono poche cose che ti fanno vincere la pigrizia e preparti tutto il set Fender come la musica del vecchio Slow hand.
Ma tu stai spolverando e canti a squarciagola (vivere in campagna ha i suoi porci vantaggi).
Finchè, ad un certo punto, finchè ti accanisci su di un alone del microonde.. Would you know my name, if I saw you in heaven? Would you be the same?
Ricordo quand'è uscita, poco tempo dopo la morte del figlio; avevo trovato un po' eccessivo un tale successo legato ad una disgrazia così grande. Ed un po' mi era scaduto, il vecchio Eric, dopo quel bellissimo disco acustico. Eppure il pezzo è così perfetto, così incredibilmente riuscito.
Dice Igor Salomone che la felicità della genitorialità è solo parziale perché ti fa scoprire cos'è il terrore della perdita.
Ha fatto quello che sapeva fare ManoLenta per buttare fuori il più grande dolore che può capitare ad un padre. Ma non ha fatto solo questo.
Non è solo la morte del figlio che ci allontana da lui. Potrebbe essere la nostra morte ed il pensiero, terribile, di cosa accadrà loro dopo, senza di noi.
Ed è anche la paura di sbagliare, di farli scappare da noi.
È la paura che per i nostri figli, un giorno, non saremo nulla o, peggio, un peso o un brutto ricordo.
È la paura che non ci riconoscano, che si voltino dall'altra parte e, quando finalmente avremmo noi bisogno di loro, se ne siano andati.
È molto bella questa canzone, papy”.
Si, Mary, è molto bella” le rispondo fissando i miei occhi lucidi sul vetro del forno.
Gioca fuori con i tuoi fratelli, dopo il papà te la suona con la chitarra” 

 

martedì 24 settembre 2013

All'incontrario va


Sono giorni di crisi creativa, non c'è che dire.
Ho in testa almeno quattro cinque argomenti per il blog ma come mi ritaglio cinque minuti per scrivere, succede qualcosa che mi fa passare la voglia di parlare di quell'argomento.
Che poi non sono tanto bravo a pianificare un post, questo l'ho già detto spesso. Mio figlio rutta, mi viene una riflessione e Silver dice: facci un post.
Poi il giorno dopo vedo uno che passa e cambio direzione, senza sapere dove andrò.
Mi piace perdermi, in sostanza.
Mi sono perso un po' anche ieri che sono andato a Mestre a fare una lezione ad una specie di master.
Non è che voglio sminuire il master definendolo “una specie” ma, a dir la verità, non dev'essere sta gran cosa, sto master, se si accontentano di docenti come me.
Infatti l'ho detto ai ragazzi: guardate che io a scuola ero l'ultimo della classe, fatevi i vostri conti.
Nel frattempo ho capito di cosa volevo parlare.
Ho preso il treno.
Vabbè, oh!
Io ho fatto il pendolare per sei anni con il treno, quando studiavo all'università. Se per una volta, a distanza di più di dieci anni ti ritrovi sullo stesso marciapiedi ad aspettare lo stesso treno (sicuramente la stessa ora ma, ad occhio e croce, anche le stesse carrozze) un po' la malinconia ti viene, no?
Il regionale delle 7,25. Il carro di bestiame.
Se fossero già iniziati i corsi sarebbe stato difficile perfino salirci, di lunedì.
Invece non c'era tantissima gente. Qualche lavoratore fuori sede, qualche studente.
Ti accorgi lì che gli anni son passati. Non tanto perchè tu ti percepisca più vecchio. Io mi sento sempre uguale. Sono sempre stato grassottello, ho sempre avuto la barba alla cazzo ed anche il giubbotto blu. Ieri mattina mi pareva di essere un universitario. Poi li vedi gli universitari e tu pensi che siano in gita con le medie.
E pensi: “Ma quanto presto si iscrivono all'università al giorno d'oggi?”
E poi ti danno del lei e ti lasciano sedere (non è vero ma credo che la prima volta che succederà mi farà un certo effetto).
Però ci si innamora sempre in treno.
C'è questa bellissima ragazza con le cuffie dell'Iphone.

Risponde in italiano con un accento toscano, pare: “Ha mangiato? Hai trovato la tuta
da mettergli?”
Ci sarebbe da parlare fino Mestre di figli, colazioni e tutine.
Invece apro il mio libro e aggiungo viaggio al viaggio.
E aggiungo non detto ai non detti e sogno ai sogni.

venerdì 20 settembre 2013

Ad Personam


Volevo fare un videomessaggio ma non sono riuscito a sistemare la libreria Billy che è piuttosto incasinata. Credo che sarebbe poco efficace un'inquadratura con dietro uno scaffale dove convivono l'Anatomia del Gray, una manuale di psicologia della riabilitazione, Jo Nesbo, Benni, Pennac, l'equipaggiamento da corsa (non sempre ben piegato e riposto), scampoli di carta da regalo, scatole con dentro il finimondo, un cestello con tutti i caricabatterie di chissadichecazzo.
Potevo metterci davanti alcune foto di famiglia, in effetti. Ma è raro trovare una foto dove ci siamo tutti e cinque e, ammesso che la si trovi, dietro c'è la libreria Billy di cui sopra, per cui siamo punto e a capo.
Poi, diciamolo, chi mi ha conosciuto di persona lo può confermare, ho un accento veneto piuttosto marcato e televisivamente non rende un granchè.
Però mi piacerebbe far sapere le mie idee agli italiani, alla stragrande maggioranza degli italiani. Quei tanti che mi leggono e mi danno fiducia anche se, mannaggia a loro, non sono mai tanti a sufficienza per farmi vincere alcunchè. Nemmeno una nomination ai MIA che, in ogni caso, sono governati da una lobby di genitori comunisti.

Ma non perdiamoci in chiacchere.
Se mi eleggete farò mettere in centro, negli ospedali e nei centri commerciali dei parcheggi dedicati e gratuiti per le famiglie con tre figli. Saranno coperti da una pensilina per la pioggia, vicini agli ingressi e fuori dal pericolo delle altre auto. Così, se siete sole (escludiamo a priori che i papà possano uscire da soli con tre figli, mi raccomando), potete scaricare i pargoli in tutta tranquillità.
No, se ne avete due parcheggiate dove trovate, scendete con la pioggia, ne fermate uno con una gamba ed uno con il sedere finchè cercate di ricordarvi come ostrega si apre quel dannato passeggino.
No, non vale neppure se ne avete quattro, cazzi vostri, dovevate starci attenti.
A poi, sempre per chi ha tre figli, vorrei che per legge venissero esonerati dai compiti a casa i bambini dell'asilo.
Si, avete capito, bene, cari italiani! Quelle gustose attività che si devono compiere a casa tra genitore e bambino: il disegno da fare assieme, le foglie secche da raccogliere per il collage, il cobra vivo da catturare per l'esperimento euristico. Se ne hai uno solo di figli, corri a cercarti il cobra. Se ne hai tre, niente. Dove li trovo tre cobra dalle sei di sera in poi, dopo una giornata di lavoro?
Fatico a trovare le foglie secche, figuriamoci il cobra.
Si, lo so che rinsalda il rapporto genitori-figlio ed è un'occasione di svolgere un'attività piacevole con il piccolo. Ma è questo il punto: se devo farla uno a uno finisco a notte fonda. Se la faccio in gruppo servono i marines.
Questa la estendiamo anche a chi ne ha quattro o più, ok?
Poi metterei per legge l'obbligo del tre per due.
L'obbligo, capito?
Io do forza lavoro allo stato, lo stato mi ripaghi, cristosanto!
Non posso comprare un trattorino a pedali e nemmeno due. Non ci giocano con due trattorini a pedali, ok?
Se li litigano.
Lo stesso per le biciclette.
Oppure: c'è crisi e non ci sono fondi? Istituiamo una legge per cui sei in contravvenzione se tieni in soffitta un trattorino a pedali od una bici inutilizzata. Se non ti serve prestala a chi ha tre figli. Sennò paghi la multa e con i soldi della multa compriamo un trattorino a pedali per chi ha tre figli.
Basta con lo spreco dettato dai comunisti. Conoscete comunisti con tre figli, voi?
Basta, cari italiani.
Viva l'Italia, Viva la Fig...lia e anche gli altri due.

martedì 17 settembre 2013

Tutti Concordi


Il dizionario di casa mi dice, leggendo alla voce concordia, che trattasi di accordo di idee, di sentimenti e di comportamenti. Poco più sotto parla di un'erba officinale che, secondo un'antica credenza, salvaguardava la pace domestica di chi la coltivava.
Quando stamattina, leggendo i giornali ho trovato un sacco di commenti dei politici entusiasti per aver tirato su la concordia ho pensato immediatamente che il governo avesse finalmente trovato degli accordi solidi, non basati su assurdi e stupidi ricatti. Ho pensato alla conclusione incruenta della questione Siriana.
L'ho sperato, più che altro.
Ma è stato un'attimo, un'illusione.
Forse mi ha fuorviato i riferimenti ad un morto di figa che ha affondato una cosa che doveva invece governare. Mah!?

Comunque l'immagine del relitto che ho visto rimuovere mi ha fatto- pensare a quando ero bambino.
Almeno una volta all'anno si andava a trovare la Zia Suora in Toscana e c'erano tutte queste tappe fisse che si aspettava di trovare lungo la strada.
Capisco solo oggi, da padre, che era la tecnica usata dai miei genitori per evitare di sorbirsi 350 chilometri di “Sono stanco! Quanto manca?”
Per tre figli.
Così c'era la prima tappa, lo stadio del rugby del Petrarca Padova (“Papà vediamo la porta da rugby, manca poco, vero?” “Insomma, dai dobbiamo ancora arrivare a:”)
I palazzoni di Bologna, che se è bel tempo si vedono anche le torri, le gallerie, la più lunga era circa 3 chilometri, i grandi viadotti appenninici (to-ton, to-ton, to-ton).
E poi sulla destra, mi pare, subito dopo un tunnel c'era lui: il senso del viaggio, la meraviglia dei bambini.
Un treno passeggeri deragliato, quattro o cinque vagoni appesi alla collina, poco prima di un ponte di mattoni e pietre.
Alcune carrozze erano rovesciate completamente, altre sul fianco, tutte piuttosto malconce.
Seppi anni dopo che si trattava di uno degli incidenti ferroviari più gravi della storia italiana: il disastro di Murazze di Vado. 42 morti e oltre un centinaio di feriti.
Per anni quei vagoni sono rimasti appesi a quella collina, sfidando ogni legge di gravità e lasciando a bocca aperta miglia di bimbi che viaggiavano sull'Autostrada del Sole. 
Il bambino non si chiede quante persone sono morte e neppure come sia successo. Per un bimbo il treno è una meraviglia. Dei vagoni lungo una scarpata sono meglio di un avvincente film western.  
Poi un giorno il treno scomparve.
Mio padre cercò di rassicurarci: “Mi sa che è dopo la prossima galleria”. Ma in un attimo ci accolse Firenze. Avevano rimosso i resti dei vagoni.
Nessuno ne aveva dato notizia, per lo meno non con il clamore che in questi giorni si dà alla rotazione della Concordia. Forse c'erano meno cose dalle quali sviare l'attenzione. Magari c'erano semplicementi meno mezzi di comunicazione.
Qualche tempo dopo la Zia Suora venne mandata in Umbria e noi cambiammo strada. Per noi bambini l'A1 non aveva più senso di essere percorsa.

venerdì 13 settembre 2013

Sgureggio


Ormai ho la certezza che il mondo è pieno di guru.
Una volta c'erano i “campioni”.
Forse è bene che io definisca i campioni, no?
La definizione l'ha coniata tanti anni fa mio cognato (coniata dal cognato, pare che me le invento di notte).
Il Campione è quello che sa tutto di tutto, che qualsiasi sia il problema in discussione ha la risposta pronta. E questo sia che si parli di pesca con la mosca sia che si stia discutendo dei sottili equilibri internazionali che potrebbero far espolodere un conflitto in Kamchatka.
(Ma non ho già scritto di questa cosa? Ho un deja vu terrificante)
L'habitat del campione è l'osteria, di solito, ma non è raro trovarlo alla partita o ad una cena tra amici.
Il campione parla a voce alta, gesticola molto e ti interrompe di frequente (quelle rare volte che riesci a partire).
Tendenzialmente inizia una frase con un “No, te spiego” o un “No, ascolta” che sembrano voler confutare ciò che stavi dicendo, salvo poi ribadire il tuo concetto con forza, come fosse questione di vita o di morte. Le rarissime volte che il campione viene messo alle strette, lungi da lui ammetterlo, se ne uscirà con una mitragliata di “Chiaro, ma chiaro” detti ad un tono di voce leggermente più alto. L'ulteriore mal parata sarà risolta offrendovi un prosecco.
Ma il campione si evolve, cresce.
Ultimamente ne trovo molti, anche sul web.
Hanno la verità, sentenziano.
Io li chiamo guru. Anzi, mi ci metto dentro: sono un guru.
Il web impermeabilizza le nostre insicurezze le nostre fragilità. Un blog letto da due persone in più, un lavoro che pare prestigioso rischia di farci sembrare delle persone da imitare, le persone delle quali ambire l'amicizia o ancora di più il contatto facebook.
E poi sta cosa ce la dobbiamo gestire: le fragilità degli altri che non sappiamo accogliere perchè non abbiamo ancora risolto le nostre.
Così squalifichiamo gli altri li teniamo con la testa sotto la merda, con gli occhi fuori a rimirare il nostro misero e fragile piedistallo.
E almeno un orecchio fuori ad ascoltare ciò che sa far meglio un guru: sgureggiare.

martedì 10 settembre 2013

Ed invece


Non avrei mai pensato che capitasse proprio a noi, che capitasse a me. 
Un figlio, come dire? Diverso! 
Inutile girarci attorno: mio figlio è diverso. 
Geneticamente non si può spiegare: in famiglia non ci sono altri casi. Perchè anche il figlio di Tizio è così, ma lì si può spiegare facilmente, il fratello della moglie di Tizio è così, anche lui. 
Invece noi niente. 
Ad onor del vero non è che abbia fatto chissà quali indagini: i fratelli dei miei nonni sono tutti morti tanti anni fa e non ho mai avuto contatti con i cugini di secondo grado. 
Poi la vergogna è ancora tanta  e non me la sento di chiederlo ai miei.
Anche dal punto di vista ambientale non si spiega. I modelli che gli abbiamo dato non sono deviati.
C'è chi dice che è una malattia. Una malattia che non guarisce. Si può provare a correggere, talvolta ci si riesce. Ma è una finzione, ognuno rimane quello che è, in fondo.
Qualcuno cerca di convincersi e si costringe ad una vita contro la sua naturale inclinazione. Ma è inutile, lo sapete. Il rischio è che emergano altri problemi.
Altri dicono che è una sfida alle convenzioni, al modello imposto. Conoscendo mio figlio potrebbe anche essere. Ma non diciamoci stronzate: questi ci sono sempre stati, in tutte le epoche.
Ed io, comunque, gli voglio troppo bene per ripudiarlo.
Accetterò questa sua natura e lo sosterrò come potrò.
La vita è strana: programmi tutto, fai progetti. Pensi di aver accumulato un capitale per lasciarlo ad i figli e poi la vita ti vira in faccia e ti costringe a riconsiderare tutto.
Bisogna farsene una ragione.
In fondo ci sono cose molto più gravi, no? 

Però io adesso che cazzo ci faccio con tutte quelle chitarre ed un figlio mancino? 

giovedì 5 settembre 2013

iGenius


Essere genitori è la condizione che molto più di altre ti costringe a rimetterti in gioco. Rimettersi in gioco non è mai facile: significa accettare che cambierai tu e la tua vita. Pensiamo a come si trasforma il corpo di una donna. Pensiamo a come cambiano i ritmi della giornata.
La nascita è sempre un evento lieto ma il cambiamento va elaborato.
Prendiamo me, tanto per non dover parlare degli assenti: io da quando sono padre sono molto più ordinato.
Giuro.
Prima per me era abbastanza normale avere il mucchio di vestiti sopra lo schienale della sedia che butavo a lavare solo quando, per via di quella regola sul baricentro che non ricordo tanto bene che deve stare dentro alla base, la sedia cadeva da sola sul pavimento.
Idem per le scarpe. A cosa serviva riporle nella scarpiera se ogni mattino ed ogni sera per metterle e levarle devo sedermi sul divano? Tanto vale lasciarle sotto al divano.
Poi ti sposi e le tue abitudini devono necessariamente meticciarsi con quelle della tua metà.
Ma è ancora facile.
È quando hai figli che ti rendi conto che cinque paia di sandali sotto lo stesso divano non sono sostenibili né olfattivamente che logisticamente.
E così impari a starci un po' più attento, all'ordine.
Infatti prima di re-iniziare a fare sport, l'esercizio quotidiano che comportava maggiore dispendio di calorie era riordinare: chinarsi, gambe tese, chinarsi, flessione delle ginocchia, lancio dell'oggetto nel cesto, flessione delle ginocchia, spostamento laterale, su belli dritti, quattro passi veloci, flessione delle ginocchia, allungare il braccio, mollare l'oggetto.
Allenamento costante, quotidiano, ripetuto nel corso della giornata.
Anche la pulizia della casa si.
Ci ha sempre tenuto di più Silver, non c'è che dire. Però ci si abitua a stare sul pulito e quando non c'è ti manca l'ordine, l'organizzazione. È anche vero che è praticamente impossibile non spazzare il pavimento dopo ogni singolo pasto dei tre cuccioli di licaone. A meno che tu non abbia due robuste calzature a trekking estremo e non ti faccia impressione l'effetto della gomma appiccicata sotto alla suola.
E non è che lo fai perchè i bimbi sono sempre per terra, che tanto quando aprono la porta di casa si buttano a mangiar terra ed a mettere le mani su qualsiasi schifezza gli arrivi a tiro.
E non lo fai neppure perchè con tre figli è probabile che qualcuno ti venga a trovare; è molto più facile che tu vada a trovare qualcuno. Che tanto poi uno che ha tre figli è legittimato a tenersi la casa come un campo appena arato.
Lo fai perchè ne hai bisogno. Noi ne abbiamo bisogno. Magari a qualcuno serve dell'altro: scrivere, leggere, suonare, cucinare, aggiustare elettrodomestici, costruire un veliero in bottiglia.
A noi serve mettere in ordine. Cerchiamo di evitare che diventi il fine delle nostre azioni, che tutto sia subordinato a questo, ma non ci piace andare a letto con la tavola apparecchiata. E Silver va al lavoro più volentieri se ha rifatto i letti. Chiaro che non succede niente se talvolta si sgarra, l'eccezione ci sta.
Abbiamo bisogno di quell'ordine perchè diventa il metro con cui misuri la tua capacità di far quadrare il bilancio sociale della tua famiglia. Non stai andando a rotoli, è semplicemente cambiato e molte cose in meglio.
Ogni volta che riponi la scopa e ammiri il pavimento pulito, il lavello in ordine, il centrotavola in centro pensi che i bimbi stanno bene, sono a letto che dormono tranquilli ed anche oggi ce l'hai fatta. Ed ogni giorno passa un giorno.

Still, tomorrow's gonna be another working day
and I'm trying to get some rest
that's all I'm trying to get some rest.
(Simon & Garfunkel – American Tune) 


martedì 3 settembre 2013

Go Jovanotti Go

Go Jovanotti Go.
Se siete di quelli che vogliono tenere nascosta la loro reale età vi sconsiglio di dire che vi ricordate quando è uscita Go Jovanotti Go.
Io invece me lo ricordo benissimo.
Era il secondo singolo dopo Gimme Five. Quello che precedeva Gimme Five 2.
Al campo scuola in Val di Sole il mio compagno di scuola Guido aveva La Cassetta Originale.
No, dico, la Cassetta Originale. Dal natale del 1989 quando acquistai la prima, "But Seriously" di Phil Collins ai primi anni del nuovo millennio, "Forrest Gump - Original Soundtrack" AAVV, ne avrò comprate si e no una ventina.
Il resto era tutto cassette registrate da cd dei compagni più spendaccioni. Oppure Cd, dopo, quando buona parte dello stipendio di bagnino finiva nei registratori di cassa del Saxophone, a Vicenza.

Ma parliamo del Lorenzone nazionale. Ieri facevano un concerto in tv. Ne parlavano tutti.
Io manco lo sapevo, che c'era: l'ho scoperto accendendo la tv. Dopo mezz'ora ero prossimo alla crisi epilettica grazie alle appena finite 12 ore di lavoro ed ad una regia di sicuro impatto ma un filino nevrastenica.
Dopo un po' pero ci si faceva l'occhio e lo spettacolo era godibile. 
Nemmeno mi ero reso conto che Lorenzo Cherubini fosse diventato un tal fenomeno di costume. Quanti potrebbero permettersi di riempire San Siro in Italia, oggi?

A me il ragazzone è sempre piaciuto. Sarà chele prime canzoni erano la colonna sonora dei primi ormoni, delle estati spensierate. E poi, sempre di altri sogni irrealizzati (chi ha detto PD?)

Scrive anche dei gran bei testi, se devo dire la mia opinione. Ci sono alcune frasi del suo repertorio che mi aggrediscono all'improvviso nei momenti più inimmaginabili della giornata. Se riesci a far sentire queste cose a chi ti ascolta sei un grande. Punto.
Adesso la sparo grossa: secondo me è il migliore oggi come oggi, a scrivere testi in Italia. 

Sul palco è magnetico, non c'è che dire. Si muove per ore come un ossesso. Secco come un'acciuga, perfettamente a suo agio in vestiti che, se portassi io, per dire, sembrerei Alvaro Vitali fuori forma.

Ha dei musicisti con i controcazzi al cubo. Uno meglio dell'altro.

Però diciamoci la verità... Non sa cantare!
È peggio di Vasco ed i suoi insopportabili EEEEEEHHHH!!!
Peggio di Guccini e della fastidiosa evve.
Peggio di KEKKO dei ModuAAAAA!!!

È calante da paura. Sempre.
E guardate che io mica sono uno che ha orecchio, sapete! Se penso a mia cognata che è peggio di un accordatore digitale, chissà cosa potrebbe dire, lei!

Eppure oggi in macchina mi ascoltavo dei suoi pezzi a caso e li cantavo anche.
E non ce n'è, non si possono cantare intonati.
Ti viene da farli calanti, con la zeppola e saltare come un tarantolato fino a che ti regge il fiato.
Fa quasi 100 km al giorno il bici, Jovanotti.
E piace parecchio alle donne, Jovanotti. 
Piace alle donne, canta, suona, scrive e si allena. 

Dai, provate ad indovinare in che girone dell'inferno finiro