lunedì 28 aprile 2014

Filippide

Narra la leggenda che durante la guerra tra ateniesi e persiani, un corridore greco, di nome Filippide, fosse stato inviato all'acropoli per annunciare la vittoria. Filippide corse i poco più di 40 chilometri che separavano la piana di Maratona, teatro della battaglia, dalla capitale, gravato di armatura e morì appena proferita la frase "abbiamo vinto".
Poi studiando bene non si capisce chi avesse fatto la corsa, se fosse stata veramente fatta, e quanti chilometri misurasse.

Poco importa, era nata la leggenda.

Cosa possa spingere un quarantenne a mettersi le scarpette da corsa e allenarsi per la Maratona io, devo essere sincero, non l'ho ancora capito bene.
Diciamo che è importante avere un obiettivo; per qualche mese si corre sperando di dimagrire, si corre per aumentare il chilometraggio. Poi non funziona più, serve sapere che dovrai farne tanti per motivarti.

Così ieri la "il Lungo, il Corto ed il Pacioccone Running Team" se n'è partita per Padova, per affrontare quella che era per due terzi della compagine la prima maratona in assoluto. Anche se l'unico ad aver già corso la distanza, il Corto, lo aveva fatto 14 anni e svariati chili fa, a New York.

Il ritrovo a Campodarsego è dentro una specie di hall non si capisce di cosa. Ci si fa un trip a base di olio canforato, sudore e clima pregara.
Si parte, il clima è da festa di paese: pubblico ai lati delle strade che incita, speaker che spara cazzate, fotografi, battute a nastro per stemperare la tensione.


Il Corto decide di andare del suo passo e si tiene indietro. 
Dopo un chilometro due belle ragazze si coprono il viso con la bandana e si smutandano, così, come nulla fosse, e vanno ad accovacciarsi a pisciare sul ciglio della strada. Faccia coperta e culo al vento, interessante prospettiva di vita.
Faccio i primi cinque chilometri sul sedere di una ungherese che segna il tempo davanti a me.
I primi dieci km me li bevo: un'ora e due minuti.
A quindici il Lungo mi saluta e si prende quei duecento metri di vantaggio; mi appaiono davanti i palloncini colorati dei pacers che tengono il ritmo sulle 4 ore e mezza. Sto da dio, ora me li tengo lì davanti per un po' e poi me li vado a prendere.
Venti chilometri, due ore e tre minuti. Cazzo, finisco in quattro, se vado avanti così.
A Venticinque chilometri inizia un crampetto al cosciotto posteriore... stiro un attimo, mi concentro sulla postura e riparto. Piove forte, adesso.
Trenta chilometri, si spegne la luce: inizio a sentire male ovunque.
I piedi fanno male, le gambe sono dure, ho perfino un formicolio alle mani. Dietro non vedo il Corto, spero stia bene, davanti non scorgo più il Lungo.
Inizio ad avere le visioni, vedo il Lupo e Cappuccetto Rosso che mi superano
Anche un po' doppio, ci vedo, perché di Cappuccetti ne vedo due.


Mi affianco ai pacers delle cinque ore, mi portano all'incirca ai 35 km... poi non ce la faccio, sono proprio scoppiato...
Pazienza, ora l'obbiettivo è arrivare. Fino ai 39 il percorso è un insopportabile drittone di asfalto, lo affronto con due coriacei ultrasettantenni che trasfondono passione per la corsa da tutti i pori. Decido che voglio arrivare con almeno qualcuno dietro e provo a raschiare il barile. Gli tolgo il fondo, al barile, e scavo sotto, direttamente nella terra delle mie energie.
Il ciottolato di Padova mi galvanizza, un crampaccio all'ultimo chilometro mi fa smadonnare le ultime litanie a Sant'Antonio; schiena dritta, gambe rilassate, busto a guidare... arrivo in Prato della Valle da solo, il giro della piazza è felicità allo stato puro.
5 ore e quattordici. Un tempo assurdo, vergognoso e poco onorevole. Ma cazzo, ho quarant'anni, peso quasi cento chili, fino ad un anno e poco più fa ero un pantofolaio divanato ed oggi ho finito la mia prima maratona.
Certo, si potrebbe pensare di riprovarci, per tentare un tempo migliore. Non è escluso che non si possa fare.
"Perché fai una gara se sai già che perdi?" mi hanno chiesto i bambini qualche giorno fa. Perché abbiamo sofferto ed abbiamo resistito, abbiamo pensato di fermarci ed invece siamo arrivati.
Questo è quello che mi porto a casa dalla Maratona.


E poi noi avevamo la nostra missione, il nostro motivatore intrinseco:
Per mesi abbiamo cullato l'idea di poter correre con un messaggio di speranza per un comune fratello che invece ha corso più veloce di noi e ci ha lasciato.
Sant'Agostino diceva che il canto è due volte preghiera. Spero che anche la corsa possa considerarsi una forma di preghiera.
Guccini invece canta "Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi. Voglio sperare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi". La frase intera non ci stava, ma siamo sicuri che ti sia arrivata lo stesso. Magari malconcia, magari stanca, ma sfido chiunque a convincermi del contrario.

martedì 22 aprile 2014

Sorpresi


Nemmeno le Uova di cioccolato sono più come quelle di una volta, pensavo ieri. Le sorprese, ad esempio, non si trovano più i portchiavi di plastica, l'anello con Diabolik o i fili per fare lo scoubidou.
Adesso puoi scegliere l'uovo in base al sesso di tuo figlio, maschio e femmina (saran contente le Sentinelle in Piedi) e puoi addirittura mettere una seria ipoteca sulla sorpresa perché sulla confezione trovi già una sorta di abstract: Winnie the Pooh, gli Avengers, i Pooh.
Che non ci vuole molta fantasia a capire che se deve essere uno degli Avengers, o uno dei Pooh, al massimo te ne capita uno dei quattro, mica che esce Batman o Riccardo Fogli.
Invece noi avevamo tutta questa aspettativa e niente, ti dovevi sfogare sul cioccolato perché quel pupazzo rosa proprio non si poteva guardare.
Mi chiedevo, correndo da solo al mattino presto, se questo in qualche modo influirà sulla crescita dei nostri figli?
Questo programmare tutto nel dettaglio, perfino le sorprese dell'uovo di Pasqua, è giusto? È reale?

Mi tornano in mente le interrogazioni al Liceo; io avevo una sorta di codice d'onore e non mi giustificavo mai. Alcune compagne invece ci davano dentro di giustificazione, si premuravano di avere diritto ad almeno due bonus per ciascuna materia ai quali andavano chiaramente aggiunti i motivi seri: lutti, incendi della casa, separazione dei genitori.
Una volta dissi in confidenza al professore di Filosofia che accettare questo atteggiamento come insegnanti non era molto educativa. Cazzo! Avevo 18 anni e già ne sapevo.
Lui mi rispose che i conti si fanno alla fine.
Chiaramente fui, alla maturità, quello che uscì con il peggior voto in assoluto. Dissi al professore di Filosofia, senza polemiche, perché io avevo avuto quello che meritavo, che mi pareva che i conti, alla fine, fossero usciti un po' sbagliati, in ogni caso.
Lui mi rispose, serafico come sempre, che lui non aveva mai detto che “la fine” fosse l'esame di maturità.
In effetti sono poi stato il primo della classe a laurearmi e qualcuno neppure c'è riuscito.

Ma a parte gli studi mi chiedo quanto ci logori questa ansia di controllo, questa esigenza di piegare tutto alla nostra volontà, alla nostra personale agenda: gli esami solo quando vogliamo, i figli solo quando vogliamo, il fisico come lo vogliamo...
E per cosa poi? C'è sempre una zia che ti regala l'uovo da quattro soldi, quello con il portachiavi con le orecchie di coniglio rosa.
E così è la vita: è un uovo di cioccolato che non si sa cosa contenga. Può avere tanto incarto ed essere più piccolo di come sembra, avere una sorpresa bellissima che la tieni per anni o una schifezza che si rompe subito e la butti via... Può essere al latte e tu lo volevi fondente, essere troppo zuccherato e stomachevole e non hai nessuno che ne mangia un po' con te. 
 
Insomma è solo un cazzo di uovo di cioccolato, non vale la pena aspettarsi chissà che. Ci fosse dentro la garanzia di mangiarlo anche l'anno prossimo, almeno, quella si sarebbe una bella sorpresa. 
"Ehi, Batman, hai preso tu il mio portachiavi di peluche rosa?"
 

venerdì 18 aprile 2014

So Long Nikio!

Mercoledì sera Nicola, aka Nikio, ci ha lasciati.
Sono stato, e sono tuttora, combattuto sull'opportunità di scrivere questo post ma, alla fine, mi sono accorto nei giorni scorsi che molte persone lo seguivano e a lui si erano affezionate. 
Solo ad informare loro serviranno le mie inutili parole; vi chiedo di non commentare e, al limite, di passare su www.nikiocosamicombini.blogspot.it per salutare lui. 

Evidetemente in Paradiso, nonostante la luce eterna, c'era ancora qualche palco da illuminare con i tuoi fari. Altro motivo per averti chiamato lassù così presto io non riesco a trovarlo.
Buon viaggio, mio giovane e sfortunato amico

mercoledì 16 aprile 2014

Vengo anch'io


Ieri sono stato ad un funerale.
Una collega, in senso ampio del termine; nel senso che facevamo lo stesso lavoro in due posti diversi e spesso si lavorarava assieme su progetti o casi particolari.
Giovane e brava. Una perdita in tutti i sensi.
La cosa che più di tutto mi ha colpito è stata che lei si era preparata il funerale: aveva scelto i canti, le letture, aveva parlato con il prete per i dettagli. Aveva detto: “Che sia una festa”.
Diosanto! Ho pensato. Certo, molte volte ho partecipato a funerali dove la maggior parte delle ritualità proposte non sarebbero piaciute al diretto interessato. Ancora peggio quando c'è l'esercito di amici e conoscenti che fa a gare per proiettare sul caro estinto: “lui avrebbe voluto, lui avrebbe detto”.
Per non parlare dei saluti stereotipati, di rito, con la poesiola presa da internet che è uguale uguale a quella del funerale precedente.
Forse a questo avrà pensato la povera collega nell'aprire il libro dei canti del coro in cui anche lei cantava (ad averlo saputo quante volte avremmo potuto parlare di musica e canto invece che delle sfighe quotidiane) per scegliersi i canti da cantare al suo funerale.
Ma che forza ci vuole?
Non so...
Silver dice che la peggio capita a chi muore, che la sua vita finisce.
Io dico che il peggio è per chi rimane.
La verità è forse, come sempre, che delle disgrazie non si fa classifica, ad ognuno tocca la sua. Al limite chi è fortunato può scalare in fondo alla fila, se avrà la grazia di potersene rendere conto, per discrezione. E decenza.


p.s. scrivo pochino ultimamente: c'è la campagna elettorale, il bilancio al lavoro, un po' non ne ho voglia... ma c'è anche una cosa bella
Quei matti di Genitoricrescono devono aver finito le gocce e mi hanno proposto una rubrica con cadenza mensile. I miei contributi li trovate qui ma leggetevi anche il resto del sito, se non lo avete ancora fatto. Se penso a chi ci scrive ancora non mi capacito 

martedì 8 aprile 2014

300


Trecento è il numero della resistenza Spartana alle Termopili, celebrata in un fumettone hollywoodiano con i controcazzi che mi sono goduto parecchi anni fa.
C'era questo Leonida, grande condottiero leggerissimamente privo di senso diplomatico ed una certa inclinazione alle stronzate preterintenzionali (che se uccidi un messaggero lo sai che poi s'incazzano).
Che lascia quella gran gnocca della moglie a casa in compagnia degli individui più visicidi e lascivi che si siano mai incontrati nella Grecia Antica, povera donna (la moglie, non la Grecia), che le tocca pure concedersi per non far arrabbiare gli dei, il senato eccetera. Lui ci rimane un po' mal, quand'ecco orgasma anche il pueblo, canterebbe Elio. 
 
Così questo Leonida, nome che sfido chiunque da ragazzi a non aver pensato che fosse da femmina e, ci metto il carico, sono sicuro che ci fosse qualche femmina che lo avesse, come del resto Yvonne venne dato a qualche maschio, ma lasciamo stare. 
 
C'era Leonida, si diceva che andava contro a Serse. Siccome già Serse come nome da cattivo non è che funzionasse avevano puntato tutto sull'estetica: una drag queen ipertrofica praticamente ignuda e ricoperta di patina sbarluccicosa.
Uhi, da pauuuuraaaa!!!
Credo che giusto Giovanardi potesse venire terrorizzato da un individuo del genere. 
 
Sulla strada, oltretutto, ha anche modo di maltrattare uno storpio deforme che evidentemente la razza eletta si era dimenticato di gettare dalla rupe... Che poi la razza eletta è quella che uccide i messaggeri e va alla carica in 300 contro tutti i supercattivi dell'universo; bella mossa Leonida, ti stimo.
Chiaro che poi questo si risente, no?

Insomma, Leò, sei diventato un eroe e ti vogliamo bene anche se non eri esente da difetti.
È per quello che oggi parlo di te, anche se non volevo parlare di te: questo è il post numero 300.
S'è parlato di tutto, in tutti i modi. Non esenti da difetti ma mai Domi e sempre pronti a resistere nonostante tutto.
Ed in questa piccola ed inutile ricorrenza questo strampalato post lo dedico a chi lotta e resite. A chi lo ha fatto. E a chi avrà il coraggio di farlo ancora.

venerdì 4 aprile 2014

Relazione programmatica per l'idipendenza Monticulense


La qui presente associazione culturalpolitica denominata Sanca Montecchiese (che si direbbe Mionticulense ma, diciamolo, è abbastanza ridicolo) detta la propria personalissima strategia da adempiere entro e non oltre il 2030.
Non cagate il cazzo, ok? Per noi si potrebbe fare anche subito, ma bisogna che sia già stato reso indipendente il Veneto, prima, e la provincia di Vicenza, dopo. Perché è giusto arrivarci per gradi.

Dunque, preso atto che non ci bastano le precedenti forme di indipendenza e secessione e tanto meno di federalismo, bisogna rispettare le specificità del territorio e bla bla bla, ci strutturiamo in modo che il nostro piccolo paese sia indipendente.
Governo:
Il Sindaco non si chiamerà più Sindaco ma Dipendente Superiore del Libero Stato di Montecchio.
Lavorerà gratis e gratis si prenderà tutti gli insulti e le critiche di sempre. Potrà però disporre a suo piacimento della squadra di governo, basta che non rompa i maroni.

Territorio: 
 
Per evitare di dover fare ulteriori passaggi indipendentisti che a quel punto sarebbero subiti e, diciamolo, è uno smacco troppo grande, lasciamo già fuori la campanilistica frazione di Levà. 
Levà potrà a sua volta essere indipendente o rimanere nello Stato Autonomo di Vicenza. Affari suoi, non è un nostro problema.
Ci teniamo la collina, in ogni caso. E se vogliono andarci a passeggiare pagheranno dazio. E quando si saranno stufati di passeggiare nelle vecchie cave di ghiaia vediamo se la smettono di fare tanto gli sgrandazzi.
Ci teniamo invece quelli di Preara che sono molto più simpatici e poi sono distretto commerciale, non conviene separarsene.
Il colle inoltre ci protegge dalle incursioni del nemico, come il torrente Astico, ad est e l'autostrada Valdastico a sud. A nord stanno facendo la Pedemontana e una volta finita non ci saranno problemi neppure da lì.

Economia:
Oltre alla già citata valorizzazione del turismo che si svilupperà con balzelli all'inizio di ogni strada che porta sulla collina, metteremo anche dei parcheggi a pagamento. Quelli in piazza se li intasca il parroco, così la smette di farci pagare le sale per le feste dell'ACR, quelli davanti a casa mia me li tengo io ma poi ci pago le tasse. Giuro.
Pare che ci siano 400 aziende nel territorio. Quelle grandi potranno fare il cazzo che gli pare, basta che assumono gente di qui. Quelle piccole possono evadere un po' le tasse ma con moderazione. Adesso non si manda più nulla a Roma, ladrona, nulla a Venezia, caga in acqua, e nulla a Vicenza, fighetti de merda. Per cui cercate di pagare che ne va del vostro bene.
Tanto sarà comunque di più di quello che prendiamo ora dal governo centrale per cui i servizi minimi vengono garantiti.

Politiche di immigrazione:
siamo abbastanza aperti a parte con quelli di Levà che qui proprio non ci devono venire (o pagano dazio, sempre e comunque).
Via libera anche alla cittadinanza agli africani, ai cinesi e agli asiatici. Possono venirci ad abitare anche quelli di Monticello e Dueville ma devono tutti superare la prova culturale: recitare il Padre Nostro, tradurre “sercare” in almeno due accezioni e non sbagliare la pronuncia delle “L” quando parlano.
Poi, se lavorano come Dio comanda qui c'è posto per tutti.

Mi pare tutto, in ogni caso si potrà integrare.
È un passo importante, è un ritorno alla gloria del passato, prima che costruissero il cavalcavia che va a Dueville. Il nostro passato ci guida per il futuro, Montecchio sta bene nel suo isolamento. Che altri motivi avrebbero sennò le corriere per non passare praticamente mai?