mercoledì 26 novembre 2014

Il giorno della violenza

Bene, oggi che si fa?
Si rimette la foto profilo dell'altro giorno, quella in costume da bagno, o meglio cercare qualche cosa di un po' più recente?
Perché, in effetti, il freddo che finalmente è arrivato non è che ispiri molto i ricordi del mare.
Visto che dobbiamo fare la fatica, facciamoci un bel selfie.
Poi ieri era la giornata della violenza sulla donna. Contro la violenza sulla donna, ad essere precisi. Mica tutti lo sono.
Ricordo un prete, anni fa, che nella notte di Pasqua lesse tutte le invocazioni e ad un certo punto, con la tipica cantilena da messa solenne è partito con: "Per la droga, il sesso sfrenato e la corruzione, noi ti preghiaaaamoooo!!!"
Chissà se intendeva pregare a favore o contro. O forse l'ha volutamente lasciata aperta, in modo che tutti potessero pregare per quello a cui tenevano di più.
Va ben.
Ieri era la giornata contro la violenza sulle donne: tutti a condividere link a tema (pure io, eh? Che non mi si tacci di snobbismo), a mettere scarpette rosse sul profilo Instagram, a citare Alda Merini, eccetera.
E oggi?
Ne parleremo ancora oggi?
Ieri, avendo io un gene di bastiancontrario, recessivo per carità (dovreste conoscere alcuni dei miei, mammasanta!) ma ogni tanto anche il pisello liscio di Mendel si ruga, mi veniva da scazzarmi un po' con le colleghe.
"Scusatemi, esordii, vituperate tanto, e giustamente, il termine femminicidio, che pare un omicidio di serie b, e poi tutti a fare un gran parlare della violenza specifica sulla donna".
"Perché se parliamo di violenza in genere alle donne non ci pensa nessuno" mi hanno risposto.
Ed hanno ragione, ahimè!
Ma la cosa che più mi ha fatto star male è un intervista che ho sentito al radio-giornale: "Le donne subiscono violenza perché provocano". Detto da donna.
OH! MY! GOD!
Ho riattaccato le balle con il biadesivo e mi sono tornate in mente alcune amiche, quelle che pensano che la donna debba necessariamente concedersi al marito (sennò la tradisce), quelle che ostinatamente pensano che ci sono ruoli ben definiti (che da lì a pensare che è legittimo prenderle il passo è lungo ma la strada e la direzione è pur la stessa), quelle che giudicano le altre se fanno diversamente: da quanto lavorano, da come si vestono, dalle idee che esprimono.
È una battaglia culturale che si gioca, purtroppo, ancora tanto, troppo, dentro lo stesso genere femminile.
È una guerra civile culturale.
Non sto dicendo che i maschi sono esclusi da questa lotta. Solo continua ad illudermi che le donne siano più avanti, abbiano più risorse. E poi il cambiamento parte sempre da dentro (non ricordo chi l'ha detto ma passatemela).
Invece, nei momenti di sconforto, mi pare che l'unica parità che ci concediamo sia quella di nuotare tutti nella stessa miseria.
Poi ci sono le belle notizie: questo post qui, scritto su genitoricrescono lo scorso anno, viene visualizzato da migliaia di persone.
Allora forse possiamo farcela. Sarà una corsa lunga, ma a noi le corse lunghe non spaventano. Non più.

ps. già ce siete su genitoricrescono, date un occhiata, se vi va, pure alla piccola recensione che ho fatto de "Lo zaino di Emma" di Martina Fuga. Vi direi di che si tratta, ma poi non la andate a leggere. Bastardo, vero?

4 commenti:

  1. a proposito della necessità della parola "femminicidio" si veda l'accademia della crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/femminicidio-perch-parola
    ciao, giulia

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  2. Come al solito, gran bel post.
    E come si scriveva ieri da qualche parte che non ricordo, la corsa è lunghissima, ma non per questo va interrotta.

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  3. Sono d'accordissimo
    Valeriascrive

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