martedì 14 novembre 2017

Mondial Casa

Il mio problema, riguardo al calcio, è che ho cominciato a seguirlo nel 1982.
Avevo 8 anni, uno in più dei miei figli adesso, e i ricordi, per quanto un po' confusi dal tempo, sono scolpiti nella memoria.
La mattina dopo le tre piotte al Brasile di Zico e Falcao fu il momento della svolta.
In realtà la partita io non l'ho vista. Avevano giocato di pomeriggio e, perdio, d'estate al pomeriggio si giocava fuori in strada, altro che calcio in tv.
In più era quasi scontato che avrebbero perso, nemmno valeva la pena mettersi a guardare. 
Poi, poco lontano da casa, un bellimbusto aveva dato fuoco alla susa esposizione di mobili che aveva all'interno di una villa del settecento o cose così.  Per per l'assicurazione. Comunque c'erano i pompieri in paese e tanto bastava. Quando sarebbe ricapitato?

Fatto sta che il mattino dopo dovevo andare a prendere il giornale. Il minimarket che faceva anche da tabacchino era chiuso per ferie (all'epoca i due piccoli esercizi commerciali del paese si mettevano d'accordo per i turni di chiusura) e per il Giornale di Vicenza toccava passare davanti alla villa ancora fumante dalla sera prima.
Fu lì che Fabio, che poi sarebbe stato un grande amico, oltre che il batterista del mio primo gruppo, lesse la prima pagina e se ne uscì con un: "Ah, Rossi Rossi, che ha mandato a casa il Brasile..."
"Ma come?" dissi "Ma allora non ci hanno eliminati?"
No.
E da lì un trionfo.

Chissà, magari se fossimi usciti, in quell'estate calda del 1982, forse non mi sarei mai appassionato di calcio e forse nemmeno di sport in genere (anche se il nuoto che un tempo mi faceva schifo adesso lo amo) e adesso davvero potrei dire che non me ne frega niente. 


martedì 10 ottobre 2017

10 10 2015

Il 10 Ottobre del 2015 a Spello pioveva.

Mi piace sempre l'esercizio che si fa quando c'è qualche grande ricorrenza; dov'eri tu l'11 settembre 2001, quando il primo aereo entrò nella Torre Sud? 

Io, per dire, ricordo che stavo lavorando e abbiamo acceso la tv un attimo. Poi spenta subito e abbiamo iniziato una delle solite riunioni. Di quelle che paiono fondamentali; in qualche modo non avevamo capito la portata dell'accaduto. Pareva un'aereo che è finito addosso ad un palazzo e basta. Come se non fosse stato già grave di per sé.
Un'ora dopo la riunione accendo il mio panasonic, il primo cellulare nuovo nuovo comprato perché Silver a Padova non aveva più il fisso. "Attentanto al WTC, Migliaia di morti".
E allora di corsa a casa, incollati alla tv, fino a sera. 

La storia di ciascuno di noi ha dei fili sottili. Quando ho iniziato a scrivere questo post pensavo all'11 settembre come un mero esempio, invece mi accorgo ora che l'amico che mi ha scritto quel messaggio è lo stesso a cui il post poi è dedicato.
Di fatto non volevo parlare del World Trade Center e neppure del mio amico, non direttamente.
Volevo dire che mi colpisce sempre il "Tu dov'eri? Ti ricordi?"

Io il 10 ottobre del 2015 ero a Spello ad un congresso di lavoro e mi ero alzato per andare a correre. Però pioveva ed ero appena riuscito a constatare che la punta delle mie Leadville, lasciate fuori a prendere aria la sera prima, era fradicia.
Buio da nuvoloni, di quello che non passa con il giorno, niente corsa tra gli ulivi.
Pazienza, tornare a letto non è mai una brutta alternativa. Tra l'altro la cena della sera prima, con miliardi di assaggi portati da tutta Italia dalle cooperative aveva regalato una dormita, diciamo, piccante.

Non ricordo di preciso l'ora.
Però ricordo che il giorno prima, con il collega Alessio avevamo parlato proprio di quel nostro amico e collega psicologo (anche se nessuno dei tre esercita in quanto tale): come sta? Lo hai sentito?

E così mi viene in mente ogni anno che mentre un mio amico si suicidava io ero lontano e tutto sommato stavo scegliendo tra due cose belle: correre o tornare a letto.

E fatalità nei giorni scorsi mi trovavo a correre in mezzo agli stessi ulivi all'alba e mi chiedevo se quella stessa pace fosse ora anche la tua pace e se quel sole, che allarga il cuore quando sorge, faccia lo stesso effetto anche a te, dall'altra parte.
E questo perdono che mi concedo da solo, attribuendomi una importanza relativa nella tua vita, chissà se davvero, in qualche modo, arriva anche da te o se, semplicemente, ho bisogno di pensarlo. 

mercoledì 6 settembre 2017

Lo sport spiegato (male) ai miei figli

Lo scorso anno lessi su facebook un bellissimo post scritto da Francesco Rigodanza, golden boy del trail running italiano, che faceva gli auguri al suo papà per la Trans D'Havet, che tra l'altro avrei corso anche io, seppure qualche bella posizione dietro.
La cosa più bella di quel post era la descrizione che Francesco faceva della sua storia sportiva in famiglia. Il padre, verosimilmente un appassionato di sport anche da (più) giovane, aveva sempre accompagnato le scelte sportive del figlio senza mai sconfinare nelle aspettative ma incoraggiandolo, principalmente, a divertirsi e a continuare a praticarlo. Immagino, da uomo intelligente quale mi pare essere, non può non aver notato il talento del figlio e nonostante questo c'è riuscito.

Poi c'è un'amico che mi parla del libro di Agassi. Non l'ho ancora letto, ma è molto centrato sulla figura del padre che, in qualche modo, gli ha rovinato l'esistenza (che magari fa un po' sorridere, perché è meglio triste e ricco che triste e povero), comprendolo di aspettative.

Mi è tornato in mente in questi giorni, tipicamente dedicati alla pianificazione scolastica ed extrascolastica della vita dei figli.
Cosa facciamo fare a questi benedetti ragazzi?
Uno potrebbe dire: quello che vogliono, chiedete a loro.
Bella lì! Pare facile.
Un giorno uno vuole fare Hockey, l'altro calcio e la bimba danza.
Il giorno dopo uno atletica, l'altro calcio (Jack in effetti è piuttosto coerente) e la bimba ginnastica artistica.
Il terzo giorno tutti calcio a parte Maria che è ferma sulla ginnastica ma l'ha fatta diventare ritmica.
Il che sarebbe nulla, se ci fosse:
a. Almeno uno dei due che potesse/volesse non lavorare o lavorare part-time in modo da scorrazzarli in giro tutta la settimana.
b. Dei nonni che, oltre al classico "Ma fategli fare calcio, poveri, che ve lo chiedono", fossero disponibili a prendere su la macchina e scarrozzarli in giro
c. Essere così ricchi da avere il maggiordomo.
Che poi l'ultimo che ho sentito avere avuto il maggiordomo di notte si vestiva da pippistrello e direi che anche no.

Un ginepraio, insomma.
E questo, per tornare al discorso di Rigodanza fatto all'inizio, senza voler a tutti i costi ascoltare quelli che, qui e là, ti buttano ideone sul piatto: "Ma tu hai visto come corre Pee? Non ti pare che potresti fargli fare atletica?"
Ma se manco corre alle garette paesane, che non le vuole fare. Devo pure sentirmi in colpa?
"Ma non vedi che bene che batte le gambe Mary? Non la vedresti bene nella preagonistica di nuoto?"
"E Jack? Guarda che non è proprio male a calcio, in più c'ha un gran fisico"
E via discorrendo.

In tutto questo finiremo per fare, come sempre, tutti e quattro nuoto nella stessa ora. Facile da organizzare, sano e quasi a km zero (nel senso che la piscina la gestisce il nonno ed è come essere a casa).

Tutto a posto, tutti d'accordo.
Nel frattempo in una garetta per beneficienza Mary va a podio e arriva prima delle bambine.
Però atletica non la vuole fare.
In tutto questo mi sento molto più affine al padre di Agassi che a quello di Francesco.
Un gran casino.
E tutto questo non era specificato nella brochure
 

mercoledì 21 giugno 2017

Maturità t'avessi presa dopo

Era il 26 agosto 1998.
Tre giorni prima avevo dato il primo bacio a quella che sarebbe diventata mia moglie.
Non c'erano i cellulari e chiamarsi era più complesso; mantenere una relazione clandestina pressoché impossibile. A meno di non concordare gli orari di chiamata e poi, all'allprossimarsi del tempo stabilito, fare la spola tra cucina e bagno come un anziano con la prostata infiammata in modo da passare "casualmente" davanti al telefono quando, infine, avrebbe suonato.
Con Silver era facile, tutto sommato: la sorella era già maritata ed in dolce attesa e i fratelli ancora troppo giovani per le lunghe telefonate. Quindi l'orario stabilito quello era e quello rimaneva.
Ma non il 26 agosto.
Sto studiando non mi ricordo cosa e mia mamma mi chiama: "C'è una che mi pare si chiami Luciana".
E adesso chi cazzo è Luciana?
"Ciao sono Silver: è nata Alessia"
Qualche tempo dopo con Silver ci spiegammo sul perché io fui così freddo nel recepire quel messaggio: un po' la chiamata inaspettata del pomeriggio, un po' Luciana, un po' il "cazzoadessomiamadrefaràmilledomande", un po' non avevo ancora fatto esercizio di vita di coppia, dove gli imprevisti e le sorprese sono moltiplicati per due.
Fatto sta che quel giorno diventaii zio, anche se era solo tre giorni che avevo baciato Silver e anche se, scaramanticamente, ho sempre preferito che mi chiamasse con il mio nome.
È bellissimo essere zii giovani è un'esperienza da provare. Sei quello che ti vizia, che ti porta alle giostre, ti chiama "bella ragazza" fin da quando hai un anno, che ti fa le sculture di palloncini, che ti insegna a suonare la chitarra, che ti regala i libri fichi.
Almeno fino a quando diventi zio vecchio, che non dipende dalla calvizie o dalla barba grigia, si sa, ma dall'arrivo dei figli tuoi;  quando il compagno di giochi, a quel punto, diventano i cuginetti e tu, in quella dose di proibizionismo genitoriale che manifesti, perdi gran parte del tuo fascino e, verosimilmente, vieni archiviato nella cartella "Rompicoglioni adulti" in compagnia dei nonni, mamma e papà.
Invece tu, nipotona mia, di fascino ne hai acquistato ogni anno che è passato (ahimè così velocemente da essere scandaloso).
E oggi c'è la prima prova dell'esame che per fortuna non si chiama più di maturità perché, l'ho scoperto molto dopo, la maturità non si raggiunge mai (anche se ci vuole scienza, ci vuole costanza, cantava Guccini).
Altri consigli non ho da darti. A conti fatti sei diventata molto più brava di me.
In bocca al lupo, Bella Ragazza! 


lunedì 12 giugno 2017

C'era un cinese in coma

Cazzo che caldo!
Eppure ero sicuro che ci fosse una fontanella a Punta Sabbioni, che l'anno scorso mi ero chiesto se fosse potabile e non sapevo se fosse peggio morire disidratato o di cagotto. Invece niente, non l'ho vista.
È che ho incrociato la biondina che faceva il Quadri e mi sono distratto. Correva in senso opposto e non mi ha visto. Tanto non mi avrebbe comunque riconosciuto. Non mi riconosce mai nessuno. Forse ora che ho tagliato la barba magari si, boh!?

Cazzo che caldo!
Ed ho quasi finito l'acqua e anche le energie. Se mangio sta barretta malefica senza poi berci dietro acqua capace che mi si cementa in bocca e hai voglia a menar di ganasce, poi. Ti resta lì a mappazzare tutta la mattina.

Cazzo che caldo!
Devo anche stare attento alla strada dove girare o mi ritrovo a Jesolo e poi devo tornare in su. Ricordo la statua di un toro gigante, tipo quelli che ci sono in Spagna. Vai a sapere cosa ci faccia qui. Eccola là.

Cazzo che caldo!
C'è un'Audi tutta scassata a lato della strada. La schivo, no, 'speta che lascio passare questa 500 che pensa di essere a Le Mans.
Passo via l'Audi.

Cazzo che c... hey, ma era un uomo quello dentro all'Audi?
Ma si chissenefrega!? Qualcuno si fermerà. E poi pareva dormire, più che altro.
Si però... Torno indietro. Si dai, torno indietro.
Speriamo che almeno il tizio non sia incazzoso. È un ragazzo dai lineamenti asiatici. Ad occhio e croce sulla trentina.
"HEY, CAPO! SERVE AIUTO?" Niente.
"NEED SOME HELP?" Nothing.
Oddio, lesioni non mi pare ce ne siano. Neppure airbag scoppiato, a dire il vero. Strano, però, il muso della macchina è metà di quello che dovrebbe essere, il cofano è divelto e manca perfino la targa anteriore. A ben guardare non sembra nemmeno che l'incidente sia avvenuto qui: vetri e pezzi di palstica per terra non ce ne sono.
Magari la malavita lo ha ammazzato e piazzato dentro ad una macchina incidentata.
Magari ha una pistola e appena si sveglia gli prende male e mi spara. 
"AMICO! SVEGLIA!"
"brof, sbuff, sgrot"
AHH!!!
Beh, dai, almeno è vivo.
"SERVE! AIUTO?" Nessuna! Risposta!
C'è un tipo che sta diserbando sulla diga di fronte. "Si sveglia?"
"Non direi, però è vivo"
"Boh! Lasciamolo dormire"
Ma si, lasciamolo dormire.

Cazzo che caldo!
E il cinese ha pure messo una pietra sopra al mio personal best sui 20 km. Ma non potevo certo non fermarmi. Quelli che non si fermano sono proprio delle merde.
"Perché tu che avresti fatto, scusa?"
"Cazzo vuoi tu, coscienza, mi son fermato?"
"Lo hai lasciato là mezzo in coma, lo chiami aiuto?"
"Ma vaffanculo coscienza, non si è fermato un cazzo di nessuno e adesso il problema sarei io"
"- - -"
Vabbè, il tempo di recuperare il telefono e torno, ok? Tanto sono arrivato.

Cazzo che caldo!
Sono pure sudato ed in Vespa adesso mi prendo il cagotto che non mi sono preso con la fontanella.
L'Audi è allo stesso identico posto. C'è una signora che si sporge da un cancello lì vicino.
"Signora, lei sa da quanto è qui questo ragazzo"
"No, l'ho appena visto"
"Chiamiamo il 118, che dice? Che via è questa?"
"Via Prodelio. Va bene arrivederci"
Ma dove cazzo vai, maledetta vecchia, resta qua, no?
Sparita
"118"
"Buongiorno, c'è uno così e così"
"Arriviamo subito. Non si muova da lì"
"Ciao, ho chiamato i vigili ma non sono ancora arrivati". È il tizio che prima diserbava. 
"Beh, io ho chiamato il 118, hanno detto che arrivano subito"
"Anche i vigili lo hanno detto, ma un bel pezzo fa. Beh, ciao"
Ma come ciao, ma dove vai?
Sparito. Che poi, merda, uno sta male e chiami i vigili, ma ti pare?
Non si ferma nessuno

Cazzo che caldo! 
"CAPOOOO!!!!" Se, ciao!
niiinoooo niiiiinoooo.
Ambulanza e vigili in contemporanea.
Ottimo.
Generalità, sa, per il verbale. Certo certo.
L'ultima cosa che ho visto è il ragazzo con il collare, in piedi, sorretto dai paramedici che cercano di caricarlo sulla barella.
Accendo la Vespa e me ne torno a casa. 

Cazzo che caldo! 


giovedì 13 aprile 2017

Abbracciate gli alberi

Puntuale come la dentona con la falce, in tempi di vacanze, arrivano le ormai immancabili querelle sui social legate a compiti si, compiti no.

Inizialmente la questione è nata, mi pare, con un padre che ha scritto alle maestre un pippone sul fatto che il figlio non aveva fatto i compiti perché occupato a vivere.
Che poi, lo avesse scritto alle maestre, ancora ancora. Lo ha pure postato su facebook e allora via con i pro e i contro, i fake, le emulazioni, ecc.

Poi hanno risposto le maestre con i compiti creativi: leggette un fumetto, guardate un film di Myiazaki, abbracciate gli alberi.

Adesso il filone è un po' in crisi e non ci sono particolari novità.

Il punto è che nessuno centra i veri problemi che, secondo me, sono due:

1. Compiti tradizionali o new age che siano, serve qualcuno che possa star dietro a ste creature.

2. Compiti tradizionali o new age che siano, se i figli non lo vogliono fare, sarà difficile farglielo fare, ammesso che troviamo qualcuno che li segua.


Capiamoci, io sono abbastanza tradizionalista, credo che i compiti di per sé vadano assegnati e vadano anche svolti. Intanto perché non è che uno che ha corso una maratona ieri possa correrla tra un anno senza in mezzo andare mai ad allenarsi, ok? La panza cresce, i muscoli si infiappano. Lo stesso vale per le cose che apprendiamo. Io ad esempio non ricordo più gli integrali e le derivate. E, ad essere sincero, ho qualche difficoltà a ricordare anche Euclide.
Poi sarebbe anche bello non esagerare: una settimana passata in vacanza da qualche parte magari la si augura a tutti, gli facciamo fare i compiti?
In ogni caso i primi giorni di vacanza che si fa? Li si passa sui libri?
Insomma, sarebbe bello che ci fosse un equilibrio.

Comunque, non vorrei perdere l'occasione di s-gureggiare anche le mie proposte per i compiti alternativi.
Naturalmente avendo cura che i bimbi facciano veramente quello che si sentono di fare, vivendo appieno la loro fanciullezza:

1. Giocate all'aria aperta. Da quando vi va a quando non vi va più. Rientrate in casa solo se volete guardare la tv.

2. Se non vi va di giocare all'aria aperta però guardate la tv. Ormai fanno talmente tanti programmi stupidi anche d'inverno che non possiamo più dire che la tv d'estate fa cagare. La tv si può guardare dal mattino prima di colazione fino alla sera. Tanto poi, se vi capiterà di avere un contratto a tempo pieno non avrete il tempo di guardarla comunque, non è una questione di educazione. Se invece non avrete un contratto sarete depressi ed è noto che chi è depresso guarda la tv. Vi voglio skilled.

3.  Non ascoltate i genitori. Anzi, per meglio dire: non sentiteli nemmeno. Spesso quando voi siete in vacanza loro lavorano per cui non noteranno la differenza dal resto dell'anno. Tendenzialmente, lo dico anche come autocritica, siamo noiosi, ripetitivi e un po' frustrati, a volte non vale davvero la pena stare a sentirci. L'esercizio avanzato consiste nel ignorare i vostri vecchi anche in caso di cena pronta, ora di lavarsi, dai che bisogna andare dai nonni.

4. Litigate. Occhio però che non è che basti litigare così. Bisogna litigare per le cazzate. Esprimete la vostra aggressività per le quisquilie più insignificanti: mio fratello mi ha guardato, mi dice che sono brutta, ha mangiato l'ultimo biscotto e cose così. Se non avete fratelli provate con il vicino, è un po' più difficile, ma non impossibile.

5. Imparate nuove e creative parolacce. Se state qualche settimana dai nonni con i cugini adolescenti siete facilitati, sennò c'è sempre l'amichetto con i genitori senza troppi filtri. Fate buon uso delle opportunità che la vita vi dona.

Non vi garantisco che imparino chissà che. Però almeno sarete sicuri che li faranno

Buone vacanze Pasquali a tutti





Cosa volete da me? Il Sangue?

Sono donatore di sangue da ventun anni.Ho donato in tutto tre volte.

Come come?
Si, in effetti, sarebbe meglio dire che sono stato donatore 21 anni fa e poi lo sono ridiventato venerdì scorso. Ma in realtà, per gli archivi della Fidas, io sono sempre stato un donatore.

Un donatore bloccato.

Tutto era iniziato, mi pare, con una serata al Don Pablo, tra una bruschetta quattro formaggi e speck e una coca. Vi parrà impossibile che io ricordi anche il tipo di bruschetta che ho ordinato nel 1996, ma vi posso assicurare che era quella. Al Don Pablo la ordinavo sempre.
Il mio amico Simone mi disse che la settimana prossima sarebbe andato a donare il sangue ed io, che da ragazzo sulle cose mi buttavo senza troppo riflettere, dissi che sarebbe piaciuto andare anch'io.
Suo padre donava da sempre e lui stesso aveva iniziato a 18 anni ed era prossimo alla premiazione riservata a quelli che finivano lo spazio dei timbri sul libretto.
E così mi ritrovai in un corridoio stretto stretto, nel chiostro dell'ospedale vecchio, a fare una montagna di prelievi, visite mediche eccetera eccetera.

Un mese dopo mi presentai alla prima donazione. Che non avvenne.

Prima di donare facevano un rapido controllo per le transaminasi. Io manco sapevo che esistessero, le transaminasi. Mi dissero che erano un "valore del fegato" che va monitorato per via che può sballare a causa, ad esempio, dell'epatite. Solo che era evidente che io non avessi l'epatite perché, così a memoria, il mio sballava di una decina di punti dalla norma, mentre per l'epatite doveva andare alle stelle. In sostanza il problema è che mangiavo male.
"Lei mangia spesso fritti o insaccati?" Mi chiese la dottoressa
Facendo un rapido check della settimana testè trascorsa (in quegli anni là a  casa cucinavo io) non potei fare a meno di pensare che avevo scientemente alternato sofficini, bastoncini, petti di pollo panati a salumi e formaggi.

Niente donazione

Un mese dopo tornai. Mi ero a messo d'impegno e avevo mangiato benino. Io quando mi metto in testa una cosa sono di un testardo che non vi dico.

Spuncio al dito. Le transaminasi erano al limite superiore. Mi lasciarono donare.

Tre mesi dopo tornai, sempre con Simone. Il regime alimentare era un pelino meno ferreo ma riuscii comunque a staccare un limite superiore della norma.
Quel giorno i computer andarono in tilt (non per colpa mia, spero) e c'era una fila terrificante. Al venerdì io non avevo lezioni all'università e mi sentii in colpa a stare ad oziare sulla poltrona finché i lavoratori erano lì ad aspettare il loro turno. Mi alzai appena mi tolsero l'ago e andai al bar. Il ricordo successivo è di Simone che mi tiene le gambe alte e un medico che mi schiaffeggia.

Vabbè. Esperienza.

Un mese dopo la doccia fredda. L'esame delle transaminasi è sempre al limite e il medico mi dice che non potrò donare finché non si saranno abbassate. Il controllo sulle analisi delle sacche di sangue, infatti, dava sempre valori un po' più alti rispetto a quelli ricavati sulla puntura del dito. In sostanza il mio litro di sangue donato fino a quel momento era stato buttato e un paio di amici di mio padre giustificarono il fatto che se anche io, da astemio, avevo le transaminasi alte, che non gli cagassero troppo il cazzo a loro se bevevano un bicchiere di più.

Tornai nel 2003, dopo il Cammino di Santiago. La mia morosa, appena laureata in medicina, mi disse che facilmente dopo un mese di attività fisica così intensa non avrei avuto nessun problema. Aprirono il pc e la tipa mi disse: "Ma lei è El_Gae tal dei tali che vive in via tal dei tali... ecc" "Si".
"Non può donare, è stato bloccato nel 1996"
"E come mi sblocco?"
"Devi avere per un paio d'anni le analisi perfette".
Si bella! Due anni. Ma quando mai?
Mi ricordai di quella volta che la prof di Latino mi disse che per non essere rimandato dovevo arrivare in due compiti consecutivi alla sufficienza dopo che ne avevo fatti 29 di fila insufficienti.
Non tornai più.

Il resto è storia recente: la dieta, lo sport. Fatalità due anni di analisi perfette.

"Due anni di analisi perfette". Dov'è che l'avevo sentita questa?
Ah si! E sono tornato.

"Ma lei è El_Gae tal dei tali che vive in via tal dei tali... ecc"
"Si".
"Non può donare, è stato bloccato nel 1996"
Trackete! Analisi perfette.
E venerdì ho donato di nuovo, dopo 21 anni.
E stavolta il sangue non lo buttano. Spero (c'ho un po' di pare, in questo senso).
Ero in ansia, avevo paura che non mi lasciassero, che quel pezzetto di grana del giorno prima mi sballasse i valori, che le transaminasi salissero anche per l'emozione.
Invece no.
Ero felice, felice sul serio. Talmente felice che sono anche andato a lavorare, nonostante avessi anche la possibilità di non farlo.

Abbiamo tutti i nostri irrisolti. Questo era uno dei miei.
Sotto con il prossimo.




lunedì 3 aprile 2017

Charles Winsor, Prince of Wales

Ne hanno parlato tutti, impossibile che vi sia sfuggito.
Il Principe Carlo è in Italia.

Vabbeh, chi se ne frega? Direte voi.
Ok, ditelo. In linea teorica sarei d'accordo con voi.
In realtà però il Principe Carlo non è venuto solo in Italia, è passato per Montecchio Precalcino.
Si, il mio piccolo paesino, 5000 anime e poco più, è stato visitato dalla famiglia reale di Inghilterra, una delle nazioni più potenti del mondo.

Non è che si sia saputo molto tempo fa: qualche settimana al massimo. Ed è stata subito fibrillazione;
Gli scettici: "È un pesce d'aprile", "Tanto poi non viene", "La famiglia reale non è mai esistita" (a no, quella era la shoah).
Gli snob moralisti: ma io devo perdere la mattina per omaggiare uno? Perché? Gli uomini sono tutti uguali... eccetera eccetera eccetera.
I cacciatori di vips: mi metto quella camicia con la union jack, il kilt, la cornamusa e facciamo un selfie assieme.

Io, in realtà, ci sono andato perché in paese non succede mai niente e mi pareva brutto non portare i figli. Tra l'altro il primo pomeriggio dello stesso sabato dovevamo partire per Milano, obiettivo maratona(qui il racconto)... insomma: un po' una corsa, ma appunto, sarebbe stato un peccato.

E così siamo stati lì con le bandierine in mano, a fantasticare di cecchini sul monte che ammazzano l'attesa sparando ai tordi.
Che poi magari tutti quelli che snobbano il principe corrono a vedere il campione di calcio o, peggio, il tronista di turno... mah!

Poi non eravamo neppure in tanti. Pare che il sindaco volesse tutto il viale pieno, ma ci sarebbero volute il triplo di persone e forse non sarebbero bastate ancora. In più non si sentiva nulla ed è stato un peccato perché poi qualcuno ha pure detto che noi "curiosi" da fuori disturbavamo le preghiere. La verità è che non eravamo curiosi ma ci avevano chiesto di iscriverci e che non era sostanzialmente possibile capire che stavano pregando. La prossima volta un microno pliz. Oppure non vi lamentate. 

Certo pensavo che non dev'essere male fare il principe: non hai sostanzialmente grandi responsabilità, sulla Brexit mi risulta che nemmeno si sia esposto, ti invitano un po' ovunque a spese d'altri, se scendi dall'auto e saluti tutti ti dicono pure che sei simpatico, ti portano alle gallerie del Pasubio che io per andarci a correre devo puntare la sveglia in orari assurdi, insomma... io ti invidio Carlè, lasciatelo dire.

mercoledì 8 marzo 2017

Scusa se ieri mi son dimenticato

Domenica ho compiuto gli anni.
Oramai il conto ha robustamente superato i 40 e diciamo che ho adesso esattamente la metà degli anni che avevano i miei nonni quando sono morti. Non è mica male, come prospettiva, se avessi la certezza che fosse sicuramente così, altri 43 anni.
A parte questo mi risveglio 43enne e mi ritrovo più ansioso, più cinico, più incline alla commozione, più fragile, più stanco, meno idealista.
Nello stesso tempo anche più attento, più sano, più magro.
Insomma adesso non mi vengono i pregi, ma mi pare di essere migliore ora di quando ero un ragazzo. In ogni caso diverso. Diverso al punto che persone che frequentavo venti anni fa non mi riconoscono.
È molto strano: mi capita di incontrare persone che al liceo erano in altre classi ed io mi ricordo che eravamo nella stessa scuola. Loro no. Probabilmente ero davvero mimetico ed insignificante. Più mimetico, forse. Spero.
Mimetismo che a volte mi manca, il potersene fregare, il poter dire "ma si, si arrangino".
Invece la vita ti porta a decidere, sempre. Sembra una frase fatta, ma io ho capito che non se ne scappa. Le scorciatoie, purtroppo, non sono possibili, pena la squalifica. Come in gara.
Proprio come in una gara lunga, a volte mi sento costantemente come negli ultimi km: stanco, sfatto, distrutto. Le gambe non girano, la testa sta impazzendo, ogni metro in più è una sofferenza. Poi passa, appena si arriva alla scadenza e già si riparte a pensare alla gara dopo. di una gara lunga
Da quando sono dimagrito, poi, ho capito che il cibo mi aiutava a contenere l'ansia. Ora ho tutti i valori del sangue a posto, sono pure ridiventato donatore di sangue dopo vent'anni, però l'ansia pizzica un pochino: mi sorprende di notte, che non prendo più sonno, e mi assale sotto forma di cuore che batte un po' accelerato. A voler vederne il lato positivo, è l'occasione di lavorare meglio, di essere più attento, in modo da non mettersi in condizioni di.
Poi penso anche alle ansie più grandi, di chi stava male da morire o di chi rischia di più che una brutta figura. E allora un po' mi sento una merda, un po' mi sento meglio.
Qualche giorno prima di compire gli anni ho pensato ad un esperimento ed ho tolto dai social network la notifica del mio compleanno.
Premetto che io non mi ricordo mai del compleanno di nessuno per cui non è che mi aspettassi che qualcuno si ricordasse. 
Invece alle sette di mattina mi sono arrivati, primi di tutti, quasi in contemporanea,  gli auguri di comare e compare. Che non è che vivono insieme, si sono proprio ricordati tutti e due.
Ed io ho pensato che gli voglio proprio bene, anche se ci vediamo meno spesso di un tempo.
E il pensiero che le persone su cui ho sempre contato ci siano ancora, alla fine della fiera, è stato il regalo più bello che ho ricevuto quest'anno.

giovedì 12 gennaio 2017

The Cathechist

Sarebbe un ottimo titolo per un thriller, non trovate? The Cathechist!
La trama è in via di definizione: non ho ancora deciso se è il giovane padre a sterminare i catechisti o se la suora, in quanto catechista, si arma di mitra e fa strage di genitori. 
Ma andiamo con ordine!
Sono cresciuto in una famiglia cattolica osservante anche se non fanatica. Decisamente poco fanatica, a dire il vero.
Ho vissuto molto la parrocchia, però, in particolare l'età delle medie, perché, studiando fuori paese, era l'occasione di stare con le mie coetanee. I maschi li trovavo al calcio, ma alle medie inizi a riconsiderare le tue priorità.
Poi diventi animatore, se una delle coetanee che ti piace fa l'animatrice.

Fino a qui tutto facile.
All'università conosci i Centri Sociali. Un nome che a casa tua usavano con l'espressione che avevano quando dalle finestre filtrava l'odore del letame sparso nei campi.
Però all'esame di Fondamenti (di non mi ricordo di cosa) c'era Chiara di Mestre. Bellissima Chiara di Mestre, vi giuro. Aveva dei grandi occhi scuri da cerbiatto, i capelli neri lunghi e quel fisico minuto che fa molto attrice anni settanta. E il sorriso, ah, il sorriso.
La Chiara di Mestre non era solo tanto carina, era pure dolcissima: penso una delle ragazze all'università con cui ho parlato di più. Forse sarà perché all'esame di Fondamenti ci sono andato con un paio di Converse vecchie come il cucco e tutte strappate, i jeans un po' logori sul didietro, ed una camicia della Marlboro diciamo vintage. Insomma, facevo pendant con il suo modo di vestire.
"Potresti venire una sera al Centro Sociale di Mestre" mi disse un giorno tornando a piedi verso la stazione.
Combinà on casso con La Chiara di Mestre. Dio sa cosa aveva scatenato la parola "Centro Sociale" dentro di me.
"Ahi pentirommi, e spesso, ma sconsolato volgerommi indietro". Cantava Giacomino Leopardi, e mi sa che un po' anche io, quando ri-penso alla Chiara, che manco il congnome ricordo più.


M'è presa la balla triste, scusate!
Ma il senso del discorso è che nemmeno la Chiara di Mestre era riuscita a portarmi all'ateismo (forzando un po' l'idea che Centro Sociale=Ateismo, che era più o meno quello che pensavano i miei).

Però il demonio non ha perso le speranze, con me, e mi manda i catechisti. E mi sa che stavolta ci riesce.
Il Catechismo dei figli è una cosa da: (a scelta)
Marines della religione
Asceti
Sfigati che non hanno una vita

Di base ogni 15 giorni c'è qualcosa. Avendo due classi a cui tener dietro ed essendo le due classi alternate significa fottere tutti i week end. Il catechismo che fotte non è un'immagine che avevo considerato.
Se non basta questo c'è la catechesi per le famiglie. In sostanza lo stesso catechismo che facevano quando eravamo ragazzi ce lo ripropinano paro paro.
Io sono rincoglionito ma me lo ricordo bene, per cui non fate finta di no.
Lì puoi trovare la risposta a tutte le domande a parte una: Perché ci devo andare?
Non ci voglio andare non ci voglio andare non ci voglio andare (sto regredendo).
Insomma sto rivalutando l'ateismo, se non come scelta almeno come comodità.
La sostanza è, cara Chiara, se quell'invito è ancora valido, ci vediamo sabato al Centro Sociale.

p.s. Porto anche mia moglie ;)